Sabato 22 Agosto.
Venti minuti esatti dopo aver bevuto il caffè sono seduto nella macchina di Roccia. Il gran varietà odierno prevede di ripete più volte possibile la salita dei Colli di San Fermo ovviamente, dal lato più duro quello di Grone.
Da Zorzino al punto di partenza ci sono giusto dieci minuti di auto, ma mi sono più che sufficienti per permettermi di importunare a dovere il conducente, che come da previsione dopo pochi minuti perde la pazienza iniziando a dar fuori di matto. Povero Marco, lo bullizzo sempre fino a farlo incazzare.
Ore 4.07 siamo pronti a partire, come sempre Marco piscia, e questa rimane una delle poche certezze della vita. Lo ricordavo proprio così, di spalle a svuotare la vescica, ma sopratutto mi ricordavo quanto fosse divertente filmarlo a sua insaputa.
Ok, ora siamo veramente pronti a partire, ci copriamo a dovere perchè a discapito della stagione l’aria è decisamente frizzantina. Ci lanciamo lungo la discesa affrontando le prime curve e i primi tornanti.
I Colli di San Fermo, quella salita che fino a dodici mesi prima non avevo mai avuto il coraggio di provare dal lato di Grone. Poi il primo Assault Altitude e la prima volta lungo le rampe che portano prima al piccolo abitato di San Antonio e poi a San Fermo. Ricordo ancora quella prima volta, in piena notte in compagnia di Marco esattamente come oggi. Durante l’estate appena passata ho preso definitivamente fealing con questa salita e nei giorni in cui sono al lago e ho poco tempo, parto da Zorzino in bici, arrivo a Grone supero i colli e rientro a casa passando dal lago. Una settantina di chilometri per circa 2000 metri di dislivello.
Io e Roccia abbiamo appena inziato a salire e stiamo già discutendo. Marco vorrebbe fare un everesting ma io alle tredici massimo devo essere a casa, e questa volta non ho neppure bonus da giocarmi, ma logicamente quando si parla di Everesting la diplomazia del mio amico, poca già di natura, va a farsi benedire, tant’è che la risposta che ricevo, quando spiego a Marco che non ho il tempo necessario per farlo, è uno schietto tanto quanto naturale “Cazzi tuoi amico”.
E’ tosta, veramente tosta. La strada dopo i primi km inizia letteralmente ad impennarsi, dopo un paio di tornanti dolci ci si ritrova di fronte a una serie di tornanti ravvicinati la cui pendenza varia tra il 14 e il 18%, insomma roba da pendenze davvero cattive, mi tocca allegerire il rapporto e alzarmi sui pedali. Marchino è poco dietro di me e mentre supera il primo tornante lo sento imprecare. “Oh Andre, mica me la ricordavo così putt….”
Io sì, invece, me la ricordavo proprio così stronza. Me la sono studiata bene, nelle uscite a giugno e luglio era diventata la mia salita per valutare stato di forma ed eventuali miglioramenti. Ricordo che una domenica mattina mi sono maledetto per aver deciso di farla, per il terzo giorno di fila. Il tratto duro prosegue con oltre 1 km di strada fisso oltre il 12%.

Sono da poco passate le 5, manca ancora un po’ per l’alba. La strada per ora è illuminata dalle nostre luci e da qualche sporadico lampione che si incontra una volta arrivati a Sant’Antonio. Io e Marco proseguiamo lungo gli 11 km scarsi che ci separano dal punto di arrivo. In lontananza sentiamo un discreto abbaiare. Basta questo per far tornare alla memoria mia e di Roccia quanto accaduto ad un anno fa in occasione di quel primo Assault portato a termine proprio insieme a Marco. In quell’occasione fu un giro vero che ci vede passare da questa strada e sopratutto ci vede protagonisti di una fuga da due cagnoni abbastanza incazzati. Per cosa non ci è ancora noto, e non ci è noto neppure questa volta. Sì avete capito bene, i cani ci hanno inseguito anche questa volta. Va detto che per nostra fortuna non ci hanno seguito per molto, ma tanto è bastato per dare una bella menata con le gambe.
In fondo due cani come me e Marco non possono che attirare altri cani.
Siamo arrivati a San Fermo, ma la nostra salita non è finita, abbiamo ancora un bel chilometro da percorrere. Arrivati al cartello dei colli svoltiamo a sinistra e prendiamo nuovamente a salire secchi e decisi lungo un bel drittone anche qui senza pendenza (14%). La strada porta in cima ai colli poco sotto quota 1200 metri. Sarebbe da fermarsi e aspettare l’alba ma, come dicevo all’inizio tempo non ce n’è.

Chiudiamo le giacche anti vento e ci ributtiamo in discesa a tutta. La prima è andata, e a dirla tutta anche meglio del previsto. La discesa vola via veloce, il fondo stradale che porta ai colli dal lato di Grone è stato per buona parte riasfaltato tutto qualche mese prima. Una tavola perfetta dove far scorrere le ruote della specialissima.
Tornati al punto di partenza giriamo le bici e ripartiamo. Di tutte le ascese, questa è stata probabilmente quella migliore, la più bella di tutte. A metà ascesa il sole e lo spettacolo dell’alba catturano la mia attenzione e quella di Marco.
Saliamo con un buon ritrmo, quello che ancora manca è il livello di ignoranza che non è ancora come dovrebbe essere, colpa del sonno di sicuro e anche della fretta che mi porto dietro da stammattina. Marco però continua ad essere irremovibile sulla sua decisione, Everesting deve essere. Non serve neppure continuare ad insistere e dargli il tormento per quasi un chilometro di strada. Nuovamente in cima Roccia mi sorride dicendomi che ne mancano solo altre sette di ascese. In quel momento credo di aver pensato di mandarlo a cagare, mi sono invece limitato a ricordargli che alle 14 massimo devo essere a casa.
Durante la discesa dopo circa 2 km mi volto ma non vedo più Marco, arriverà al punto di partenza quasi cinque minuti dopo e con una faccia triste e preccoupata. Il telefono lo ha abbandonato. Me lo spiega mostrandomi l’apparecchio tutto agitato, mentre mi mostra il telefono lo colpisce un paio di volte con le nocche. Provo a chiamarlo, squilla libero ma il telefono di Marco non suona ne si illumina.
Ripartiamo e lo vedo preoccupato, al punto che mi accosta e mi dice che deve sistemare la cosa entro sera. Insomma galeotto il telefono alla fine anche Roccia si convince che può anche bastare un Assault, ma ovviamente ‘Everesting su questa strada è solo rimandato.
In cima per la terza volta, passata l’ansia del telefono Marco è finalmente più rilassato. Ci facciamo una bella colazione al bar che si trova proprio dove la strada svolta per l’ultimo chilometro, in quello che penso sia l’unico bar presente in quel di San Fermo. Prendiamo posto all’esterno dove una magnifica terrazza si affaccia verso la valle. Da qui nelle giornate più limpide si riesce a vedere quasi Milano.

Caffè, succo e briosche per me, caffè e coccodrilli gommosi per Roccia e siamo di nuovo pronti a ripartire.
A metà della quarta ascesa si comincia a vedere un po’ di ignoranza che contraddistingue da sempre le uscite con Marco. Passiamo un chilometro a ridere e dire cazzate a nastro, il guaio è che lo facciamo nel tratto dove la strada si inerpica secca superando quota 13% di pendenza.

Stiamo salendo davvero alla grande, e mentre pedalo un po’ di dispiacere per non avere il tempo necessario per fare un Everesting ce l’ho, era davvero la giornata giusta. Quando arriviamo in cima per la quarta volta, scopriamo che al punto di partenza ci aspettano Michele, Luca e Matheus amici e al tempo stesso colleghi di Marco. La nuova diescesa verso Grone è tra le più veloci di sempre. Incrociamo gli amici di Marco al penultimo tornante prima del punto di partenza.
Giriamo le bici e ripartiamo, raggiungendo dopo poco i tre ragazzi. Posso finalmente fare la conoscenza di Matheus che tra i colleghi di Marco è di certo il più “chiacchierato”. Ecco lo sapevo, state già pensando male. Chiacchierato nel senso che mi ha raccontato alcune cose importanti sulla vita di questo raggazzo brasiliano, ad esempio che ha portato a termine un IronMan. Sui pedali ha una bella gamba, nonostante la salita non sia il suo habitat preferito e ne risente un po’, ma non molla e sopratutto non perde mai il sorriso e la voglia di scherzare.

Io invece mi sento bello pimpante, al termine della quinta ascesa sono ancora fresco e per nulla affaticato, nonostante ne abbia già portati a casa più di 4000. Mi sorprendo anche io, e non poco credetemi.
Al termine della quarta salita salutiamo gli amici di Marco, dopo avergli spiegato la strada per scendere dal lato opposto, ci ributtiamo a tutta in discesa per ripetere per la penultima volta il segmento in salita.
Ora il caldo si fa sentire. Questa ascesa la ricordo come la più faticosa, quella dove ho fatto davvero più fatica rispetto alla altre. Dopo aver superato la parte più ostica mi riaffianco a Marco, anche lui visibilmente provato, mi ricorda che una volta in cima ne mancherà solo una. I tornanti però sembrano non finire mai. Quel tratto di strada che fino a un’ora fa domavo senza troppa fatica ora sembra come un muro verticale a tratti impossibile da superare.

Prima di affrontare la discesa ci fermiamo alla macchina per mangiare e bere. Nel baule della Opel di Roccia sembra sia scoppiata una rivolta popolare. C’è un casino assurdo. Il mio compagno di viaggio ingurgita due coccodrilli gommossi ed è pronto a ripartire.
Mentre salgo per l’ultima volta avverto una sensazione di felicità, non solo per essere arrivato alla fine e aver portato a casa un nuovo Assaultofreedom, ma anche per la prestazione in se. Sia chiaro nulla di formidabile, ci sono amatori che impiegherebbero senza problemi almeno un’ora in meno, ma per i miei ritmi e per il mio passo quello di oggi è senza dubbio un risultato importante, raggiunto divertendomi in compagnia di un vero amico.

Una volta arrivati in cima anche Marco si accorge della mia giornata di grazia e in mezzo ad un sorriso mi dice chiaramente anche lui che oggi era la giornata perfetta per un Everesting. Sarà per la prossima primavera, ormai abbiamo un conto in sospeso che deve essere saldato per forza di cose.

Siete saliti e scesi fino a raggiungere 5000 D+???
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