19 luglio 2019
E’ arrivato il grande giorno.
Quando apro gli occhi sento subito una fitta allo stomaco. Lo sento che si fa piccolo e che si attorciaglia su se stesso. Sono le 8.15 ed è il mio giorno. E’ il giorno in cui proverò a scalare l’Everest, è il giorno in cui proverò a portare la montagna più alta al mondo sul Lago di Iseo.
8848 metri, da Riva di Solto fino all’Everest che nel mio caso sarà situato in cima a Fonteno 300 metri dopo la piazza della chiesa lungo un’ultima rampa di quelle cattive.
Sono agitato. Anzi no, sono fottutamente nervoso e teso. Cerco di tranquillizzarmi, cerco di pensare che sarà un giro come gli altri. Non funziona. Come potrei pensare che sia un giro come gli altri. Che poi diciamolo chiamarlo giro personalmente scappa da ridere.
Sarà un su è giù continuo per 19 volte, lungo otto chilometri di strada in salita, poi giù in discesa fino al punto di partenza per poi ricominciare nuovamente a salire. Sono agitato perchè non è una da tutti, non è una sgambata, almeno non per uno come me. Le settimane che hanno preceduto questo evento sono state a dir poco complicate. Prima qualche problema fisico e un po’ di stress di troppo a lavoro, poi a diceci giorni esatti dalla partenza, la notizia che avrei dovuto restituire la Ridely Noah con cui mi ero allenato e preparato per questo folle evento. Mi è preso uno sconforto totale, che mi ha portato a perdere quelle convinzioni che mi ero costruito nei mesi precedenti. L’unica cosa che mi ha fatto sorridere è stato pensare all’ennesimo scherzo che mi ha giocato il destino, uno scherzo che mi porterà a tentare questa scalata all’Everest in sella alla Mya.
Dopo aver metabolizzato la delusione e aver scaricato quel poco di rabbia, ho pensato che alla fine è giusto così. Lei è la bici con cui ho fatto un Festive500, è la bici con cui ho fatto un Assault, la bici con cui ho sempre pedalato negli utlimi anni, lei è la mia bici e alla fine ad essere davvero onesti non mi ha mai lasciato a piedi. Lei merita di essere la mia compagna per questa incredibile sfida. Incosciamente questa cosa mi ha fatto riprendere un po’ di convizione, ci penso anche mentre faccio l’ennesimo controllo di tutto il materiale da portare. Una volta controllato tutto mi appresto al lavoro più noioso di questa avventura, il carico dell’auto. Mentre con cura dispongo bici,borse e borsoni nel baule mi accorgo di aver messo in piedi un mezzo trasloco e di avere cibo a sufficienza per sopravvivere anche in caso di un nuovo conflitto bellico.
Alle 9.30 sono in auto direzione Zorzino. La coda, il venerdì mattina sulla A4 è ormai da tempo una delle certezze della vita, esattemente come i camion sulla statale della Meldola che non ti fanno andare oltre ai 40 orari.
Una volta arrivato a Zorzino vengo travolto da un super abbraccio di mio figlio Tommaso che mi stritola il bacino stringendo come fossi il suo orso peluches preferito. Mi accorgo all’improvviso di essere rilassato, di non sentire più quella pressione, di non provare più ansia da prestazione, di non essere più agitato. Ecco mio figlio è capace anche di questo, di farmi passare tutto in un minuto, mi basta guardarlo negli occhi per finire in un mondo parallelo. Lui penso che in qualche modo lo sappia, forse è anche per questo che mi ha chiesto se può stare sveglio fino a tardi per seguirmi a bordo dell’ammiraglia durante un paio di ascese. E’ elettrizzato tanto quanto me dall’avventura che mi attende. Prima di pranzo mi accompanga lungo la salita per attaccare i cartelli e fare l’ultimo sopralluogo. Devo essere onesto, sono stato davvero bravo a organizzare tutta la logistica merito anche di Stefano, Marco e Fabrizio e dei loro preziosissimi consigli e ovviamente di tutto il TeamPippy.
Pranzo in modalità carboloader con una doppia porzione di insalata di riso. Terminato di pranzare decido di fare una pennichella, due ore di sonno sereno in maniera da non risentire troppo durante la notte che passerò totalmente sui pedali.
Fa un bel caldo anche al lago, quello di partire con il tentativo alle 17.30 si è rivelata una mossa saggia. Ci metto un po’ prima di addormentarmi, dovendo anche ricorrere alla musica buttata nelle orecchie, ma devo ammettere di aver fatto una grande pennichella, Zorzino rimane impagabile quando si tratta di dormire. Mi sveglio che sono le 16.30 e manca solo un’ora. Preparo i panini, con crudo, cotto e marmellata i sali e soprattutto l’Estathe lasciato in freezer a ghiacciare. Bici e viveri in macchina, metto in moto e mi dirigo in cima all’arrivo dove trovo facilmente parcheggio vicino ad un condominio a cento metri dalla fine del segmento della salita. Una volta sistemato tutto affronto la discesa che mi porterà a Riva di Solto al punto di partenza.
Sono le 17.30, ho il piede destro agganciato al pedale quello sinistro a terra, spingo la Mya lungo la strada, aggancio anche il piede sinistro e si parte.
Puntuale come le ferrovie svizzere, è ufficialmente iniziato il mio Everesting. Dopo appena 150 metri c’è Andrea (Uby) ad aspettarmi. Sarà lui primo amico a tenermi compagnia lungo questi interminabili 8 km. Non è un compagno qualunque, il destino anche in questo caso ci ha messo del suo. La prima ascesa del mio Everesting sarà iniseme a chi il suo Everest lo ha conquistato sette giorni prima e sempre sul Lago di Iseo. Non sò voi come siete messi con questo genere di cose, ma io mi esalto. Li prendo come dei segni non casuali. Li vedo come dei segnali voluti per farmi acquisire sicurezza, per farmi affrontare questa giornata con la giusta mentalità, per farmi capire che nulla è impossibile.
Parlotto con Uby mentre supero il primo punto stronzo della salita, per intenderci il famoso tratto iniziale, quello che il Pippy ciclista neofita superava solo spingendo la bici a mano. Mi racconta che due giorni dopo il suo tentativo, completato in poco meno di 21 ore, la fatica ha presentato il conto ed è stato anche tosto. Quello del mal di gambe post scalata è stato un pensiero molto ricorrente negli ultimi giorni, pensarci ancora mentre salgo per la prima volta non mi fa alcun effetto se non quello di sorridere e ridere insieme ad Uby.
Dopo essere arrivato a Solto Collina e aver scollinato lancio la bici lungo il breve tratto in discesa, giro a sinistra e la strada dopo qualche metro riprende a salire, prima dolcemente poi in maniera un po più decisa. L’asfalto in questo tratto è nuovo, lo hanno posato meno di un mese fa. Qualche centinaio di metri dopo incrocio Andrea Bobo. Era già arrivato in cima e stava gustandosi la discesa, immaginatevi la felicità di vedermi mentre salgo e di dover girare la bici per fare l’ultimo tratto di strada nuovamente in salita.
A proposito dell’ultimo tratto, dopo aver raggiunto e superato la piazza della chiesa la strada curva bruscamente a destra lungo un tratto di strada molto ripido, subito dopo svolto a sinistra, da questo punto per circa 200 metri la strada si arrampica sfiorando il 18%.
18.12 prima salita completata. Uby mi dà una calorosa pacca sulla spalla poco prima di buttarmi lungo la discesa. Il sole si è nascosto dietro le nuvole, corro veloce e battezzo le curve forse con qualche rischio di troppo. Mi sento bene, ma sopratutto sono felice.
Arrivato di nuovo a Riva di Solto saluto Uby e mi preparo per la seconda ascesa insieme ad Andre. Si riparte, il sole rimane nascosto dietro alle nuvole, superiamo nuovamente il tratto più ripido di strada mentre parlottiamo. Il ritmo di pedalata è molto easy nonostante la voglia di prendere e spingere forte per arrivare in cima il prima possibile. Mentre salgo, Andrea mi parla della tappa odierna del tour.
Lungo la seconda ascesa incontriamo dei signori lungo la strada che mi dedicano applausi e parole di incitamento, mi sento quasi un pro, ho pure i tifosi al seguito. Una volta conquistata per la seconda volta la cima della salita, mi concedo un velocissima sosta per bere e mangiare un paninetto.
Andrea decide di tenermi compagnia anche per la terza salita dove a metà della stessa ci viene incontro Paolo. Mi racconta che era sulla via di casa quando tagliando da Riva ha visto i cartelli del mio Everesting e ha deciso di venire a trovarmi. Mentre salgo superando uno dei sette tornanti presenti nel primo tratto di strada mi si affianca mio figlio Tommaso. E’ in auto insieme al nonno e dal finestrino posteriore mi allunga una borraccia, mi dice che l’ha preparata lui, allungo la mano e afferro la borraccia, resto attaccato alla sua mano per qualche secondo, sorride e non posso non fare lo stesso. Dopo essermi staccato dò un sorso al contenuto della borraccia scoprendo che è della rigenerante CocaCola & Redbull. Il mio piccolo rider sà come sempre stupirmi.
Sta lentamente arrivando il buio, una volta conquistata per la terza volta la cima del segmento, decido di cambiare occhiali mettendo quelli con le lenti trasparenti. Affronto nuovamente la discesa davanti a Paolo e Andrea. Lungo la strada incrocio Marco, è in auto fermo al semaforo tra Fonteno e Xino, mi da una strombazzata di clacson al grido del “Sono Arrivati i riforzi”. Devo ancora fare la terza ascesa è ho già avuto la visita di tanti amici. Beh, direi che a sostegno non si poteva partire meglio.
Il morale è alle stelle, mi sento bene di gamba ma sopratutto di testa, la presenza di Marco anche conosciuto con il nome di roccia, mi da una grande iniezione di fiducia. Marco per la cronaca è un 7 volte everester. Sì, avete letto bene, il buon roccia ha conquistato l’Everest per sette volte, e la prossima settimana insieme al suo socio Simone tenterà la scalata dell’Everest sullo Zoncolan. Una cosa pazzesca, una cosa che nessuno ha mai avuto il coraggio di pensare di fare. Una volta in cima è arrivato anche il momento di montare il faro anteriore sul manubrio della bici, e di affrontare la prima discesa con il buio e visto il calo della temperatura ne approfitto anche per mettere lo smanicato.
Lungo la strada ci sono alcuni tratti sprovvisti di illuminazione, sia lungo il segmento Riva – Solto sia in quello che da Solto porta fino a Fonteno. Le luci sulle nostre bici illuminano la strada, mentre scendo sento l’aria fredda in faccia, sono le 22.15 del sonno neppure l’ombra.
Con la compagnia di Roccia affronto altre due ascese, che devo essere sincero sono volate, quasi non mi sono accorto. Al termine della sesta decidiamo di bere un caffè ma lungo la strada i due bar hanno già chiuso. Decidiamo di allungarci all’oratorio. Quando arriviamo ragazzi e signori posti fuori ci guardano con occhi stupiti e a tratti increduli come a chiedersi cosa ci facciano due matti in giro in bicicletta alle undici di sera. Gli sguardi sorpresi e stupiti non mancano neppure una volta entrati nel bar dell’oratorio, il barista mentre ci prepara due caffè, rigorosamente lunghi, ci chiede cosa stessimo facendo, Marco gli racconta del mio tentativo e di cosa sia l’Everesting.
Passata la mezzanotte Roccia mi saluta, domani mattina alle 6 gli tocca andare a lavoro. La sua presenza è stata davvero importante, lungo la strada come sempre abbiamo chiacchierato, riso e scherzato. Memorabile la sua storia su Instagram dove mi filma durante uno dei momenti pipì avvenuti durante il tentativo. Prima di salutarmi mi dà la giusta carica. Mi scorta per un breve tratto di discesa, fino dove ha parcheggiato l’auto, lo saluto abbracciandolo e ringraziandolo, mi promette di chiamarmi domani mattina una volta sveglio per sapere come sta andando.
Ora sono solo. Ora inizia quella parte di Everesting forse più difficile, non nego però di aver desiderato anche questo momento. Affrontare la salita da solo, al buio con la luna e le stelle a illuminarmi la strada, con le luci della città viste da lontano, con il lago illuminato dalla luna e io che pedalo osservandola, proprio tra oggi e domani si festeggia il cinquantesimo anniversario dello sbarco, cinquant’anni dopo c’è un paracarro su una bicicletta che sogna di scalare l’Everest.
Pedalare di notte rimane qualcosa di cui sono follemente innamorato. Farlo lungo una salita vicino al mio lago è qualcosa che non immaginavo potesse darmi così tante emozioni. Ho scelto il giorno giusto per il mio tentativo, ho scelto il giorno giusto per il meteo ma anche per la bellezza della luna.
Prima di affrontare la salita per la nona volta butto uno sguardo al telefono. E’ pieno di messaggi. In tantissimi mi hanno voluto far sentire la loro presenza durante questo importante giorno. Ne leggo qualcuno e faccio fatica a trattenere le lacrime. Sono rimasto senza parole, mai mi sarei aspettato così tanta attezione da parte di così tante persone.
Sono le tre di notte quando passo da Zorzino e dal tratto di strada che costeggia casa. Alzo lo sguardo verso la finestra della camera dove c’è Tommy che dorme. Nei giorni precedenti avevo scherzato con lui dicendogli che avrei voluto a notte fonda nel silezio che solo Zorzino sa regalare urlare a squarciagola “Tooommmyyy Sveeegliaaaa!!!”. Devo ammettere che ci ho seriamente pensato. Ma poi dovendo percorrere ancora svariate volte la strada ho desistito all’idea, segno evidente che un po’ di saggezza l’ho pur sempre acquisita.
Lungo la strada che porta a Fonteno nel corso della nona ascesa faccio l’incontro prima con un tasso che corre come un dannato davanti a me sulla strada, con le unghie che sfregano sull’asfalto. All’inzio sentendo solo il rumore mi sono spaventato, poi una volta che la luce della bici lo ha illuminato ho ripreso lentamente a respirare. Salutato il tasso, che dopo qualche metro si è buttato dentro ad un sentiero che si perdeva nel bosco è il momento della volpe. La vedo appena superata una curva a destra, è ferma in mezzo alla strada, la luce della bici gli illumina gli occhi, il tempo di vederla e questa si butta dentro al bosco.Arrivato in cima mi concedo una pausa un pochino più lunga, mi fermo dieci minuti approfittando di mettere in carica anche telefono e ciclo computer. Mangio due paninetti e bevo dell’Estathe (alla fine saranno sei i litri consumati)
Quando riparto per affrontare la discesa indosso anche dei manicotti, ci sono appena 14°C e l’aria è particolarmente frescolina. Mentre faccio girare le gambe in discesa mi rendo conto di conto di aver chiuso per un attimo gli occhi, fortuna che la strada era dritta. L’ascesa successiva è stata probabilmente la più faticosa a livello di testa. Mi ha salvato il fatto che erano passate le 4.30 e che stava lentamente albeggiando. Durante la salita ho visto il panorama cambiare colore. Ho visto una parte dell’acqua del lago sotto di me colorarsi di rosso, un rosso che diventava pedalata dopo pedalata sempre più vivo, sempre più acceso. Mi è sembrato quasi di essere io l’artefice di quello spettacolo, io con i colpi di una pedalata che si stava facendo sempre più lenta. Quando me ne rendo conto sposto l’attenzione sulla mia bici mi alzo sui pedali e prendo una cadenza un po’ meno da ciclononno, con tutto il rispetto per la categoria. Quando arrivo in cima mi regalo nuovamente una bella sorsata di Estathe. Sta diventando una dipendenza ormai.
Prima di ripartire mi concedo una nuova sosta pipì, ma questa volta con vista. Concedetemelo ragazzi, penso che sia stata una delle pisciate più belle di tutta la mia vita. Davvero tanta roba.
Lungo la discesa decido di posticipare la colazione alla successiva ascesa tirando dritto verso Riva.
Quando arrivo al punto di partenza sono pronto a ripartire ma un signore dal giardino adiacente la salita mi ferma e incuriosito mi chiede perchè è tutta notte che continuo a passare da li in discesa per poi girare la bici e ripartire. Sorridendo gli spiego molto velocemente del tentativo, la sua curiosità, mista stupore mi intrattiene più del previsto, lo invito a seguirmi anche durante la giornata di oggi, dal momento che avrò ancora otto salite da fare. Finalmente riparto, e ne approfitto per prendere un gellino, inizio ad avere voglio di un caffè e un bel cornetto alla marmellata. Sulla via di Solto, incrocio nonno Silvano a piedi. Sono le 7 e scommetto che si è alzato perchè voleva controllare a che punto fossi, quando lo affianco mi chiede se è tutto apposto, annuisco aggiornandolo anche sui metri di dislivello conquistati. Sono quasi a 5000 metri.
Nuovamente in cima ricevo la telefonata promessa da Marco qualche ora prima, preceduta da un messaggio con la sua faccia sconvolta una volta sveglio. Non lo invidio per nulla. Una volta sceso mi fermo per fare colazione, di cornetti alla fine ne mangerò due. Una volta ripartito e tornato al punto di partenza c’è il signore di prima ad aspettarmi con tutta la famiglia. Mi riservano una piccola festicciola. Niente, ho catturato l’attenzione del paese.
Salgo per l’undicesima volta e nel mentre squilla ancora il telefono. E’ Ste che mi chiede aggiornamenti. Pur non riuscendo ad essere presente mi fa sentire a modo suo la sua vicinanza, anche questo posso aggiungerlo nella lista delle cose che mi hanno aiutato durante la sfida. Quando chiudo la conversazione salutandolo, mi accorgo di avere dei messaggi da Carmelo. Mi chiede dove è esattamente il punto di partenza della salita, dalla descrizione di dove si trova lui capisco che sta andando dalla direzione opposta. Glis spiego dove venire e una volta ritornato all’attacco della salita ad aspettarmi c’è Alan.
Altra gradita sorpresa di questo Everesting. Alan arriva da Locarno. Da Locarno raga. Cioè avete presente la strada da Locarno a Riva? Idolo. In sua compagnia riprendo la scalata verso il mio Everest, lungo la strada lo aggiorno sulla notte appena trascorsa e sulle mie condizioni. A metà strada incontriamo Carmelo che è finalmente riuscito a trovarmi. Mi accorgo di stare davvero bene, prima ancora che di gamba di testa. Non mi sento per nulla stanco eppure ho da poco superato i 5000 metri di dislivello. Il mio obiettivo è sempre più vicino.
Vicino come la presenza degli amici, Una volta di nuovo ai piedi della salita c’è Savi ad aspettarmi e lungo l’ascesa incrociamo Alberto con due suoi amici e con loro anche l’altro Alberto, più noto come SignorCooper. In cima alla salita ad aspettarmi ci sono anche Sara e Tommy. Il tutto si traduce come una bella dose di emozione che mi dà ancora più forza.
Durante la salita il telefono si è fatto sentire parecchio con tante notifiche, tra queste anche un messaggio di Davide che mi avvisa di essere quasi arrivato. Altri rinforzi per me.
E’ probabilmente il momento più bello, mi sento ormai vicino a conquistare il mio Everest, mentre spingo la bici lungo la discesa per la quattordicesima volta con 6777 metri di dislivello conquistati il ciclocomputer mi avvisa con un messaggio sul display di non avere più memoria per registrare il giro. Per un instante mi sono sentito le gambe cedere, ho sentito una gelida fitta attraversare la schiena. Non posso crederci. Rimango lucido cercando di non perdere la testa, penso subito ad una soluzione. La prima e probabilmente anche l’unica che mi viene in mente è quella di chiamare Fabrizio, l’amministratore della pagina di Everesting Italy. Tempo di fare due squilli e dall’altra parte sento subito la sua voce chiedermi con non poca agitazione cosa fosse successo. Spiego l’accaduto e mi dà subito la soluzione. Tornare a casa, salvare la traccia registrata sul computer, cancellarla e una volta ritornato al punto di partenza cominciare una nuova registrazione. Lo ringrazio. Prima di salutarmi mi dice di stare tranquillo, ci penserà lui dopo a sistemare il tutto. Mi raccomanda di restare sereno.
L’operazione suggeritami da Fabrizio mi porta via quasi due ore. Due ore in cui rimango fermo, seduto sulla sedia del soggiorno di casa, davanti al computer. Quando torno al punto di partenza c’è Davide ad aspettarmi. Temo per le mie gambe. Mi sorprendo una volta ripartito di non soffrire troppo, sono quasi incredulo. Nel frattempo sul mio ciclo computer tutto è ripartito da zero. Km, metri di dislivello, medie della cadenza e del battito. E’ come se fosse un nuovo tentativo. Per fortuna mi basteranno meno di 3000 metri. Decido in quel momento di provare ad andare oltre e farne 3000 per stare anche sicuro con eventuali e possibili nuovi errori del ciclocomputer. Con Davide parlottiamo come se fossimo al bar davanti ad una media. A metà salita ci raggiunge anche Simone, il socio di Marco. L’altro pazzo che tra sette giorni sfiderà il Kaiser. Racconto anche a lui quanto accaduto con il coclocomputer e mi riprometto di comprarne uno più serio nel futuro molto prossimo. L’aver raccontato la disavventura sui social porta a ricevere in pochissimo tempo parecchi nuovi messaggi. C’è chi chiede se è tutto ok, chi mi incita a non mollare, come sempre il calore delle tante persone ha aiutato a guardare avanti e non perdere la concetrazione.
Nuovamente in cima mi accorgo di aver perso il conto preciso delle ascese. Mi regolerò con i famosi 3000 metri da conquistare. Quando scendo, saluto Simone che devia verso Endine e tornato nuovamente a Riva anche Davide mi saluta dirigendosi alla sua auto. Non sarò solo però, a farmi compagnia sono arrivati Redo con due suoi amici e da Saronno arriva anche la chiamata di Walterino. Che supporto ragazzi, se ci ripenso ora, mentre sto annoiandovi con questo racconto mi viene quasi la pelle d’oca.
Riparto in compagnia dei nuovi arrivati, a metà strada ci viene incontro Alan che prima di ritornare a casa in Svizzera si regala un’altra salita in mia compagnia. Senza accorgermene mi stacco leggermente dal resto del gruppo. Ad un tratto ho avvertito un po’ di stanchezza. Sono in sella da oltre 15 ore è normale, cerco di non pensarci ma le gambe inziano comunque a fare male. Recupero il gruppo nel momento in cui mi supera Tommy in auto con la saretta. Mi dice che mi asppetterà in cima alla salita, mi fa un cenno di incitamento. La sua voce mi entra dalle orecchie e arriva fino alle gambe, come se fosse un gellino, come se fosse una carica di zuccheri.
Ne mancano quattro. Mi faccio forza, mi sento, nonostante tutto ancora lucidissimo di testa. Quando mi soffermo a pensarci non mi sembra vero. Salita dopo salita ho acquisito fiducia. In cima Sara mi dice di aver visto Carlo mentre saliva in auto, la descrizione della bici fatta da Tommy corrisponde, eppure non lo abbiamo visto durante la salita. Mentre scendo saluto il gruppo di amici che mi ha fatto compagnia e lungo la discesa incrocio Carlo. E’ venuto a trovarmi anche il mio Minipony. Che cuore. Forse tra le tante visite è quella che meno mi sarei aspettato e di conseguenza quella che mi ha davvero sorpreso.
E’ partito da Lecco per venire fino qui. Mi dice che arrivato all’inzio della salita aveva una media di 37 km/h (Allafacciadelcazzo aggiungo). Carlo si accorge subito che la mia voglia di fare il cazzone non è andata persa nonostante la fatica accumulata fino a qui. Durante la salita non perdo occasione per dire una qualche caagata, insomma tutto nella norma. Prima di scollinare a Solto chiedo a Carlo di fermarsi al bar perchè è da almeno tre chilometri che sogno una bottiglietta di acqua gasata fredda. Entrati nel bar ci serviamo e quando vado a pagare mi accorgo che la barista sta raccontando ad alcuni signori che c’è un tizio su una bici che è da ieri sera che sta facendo su e giù dalla strada. Non riesco a trattenere il sorriso, e sopratutto a mantenere l’anonimato, così mentre pago svelo alla barista che il ragazzo che fa su e giù da ieri sono io. Lascio il bar qualche minuto dopo tra lo stupore generale, generato anche dal fatto di aver spiegato che, l’eventuale riuscita del tentativo non mi avrebbe fatto vincere neppure 1€. Come a dire, se non è per soldi perchè lo fai?
Raggiungo in compagnia di Carlo per la terzultima volta la cima del mio Everest. Ne mancano solo due. Ritornato al punto di partenza mi appresto nuovamente ad affrontare la salita. Mentre alleggerisco il rapporto penso a quanto fatto fino a qui. Penso alle paure dei giorni precedenti, a quel senso di ansia, a quel timore di non essere all’altezza di questa prova, di questa sfida. Ripenso subito dopo alla determinazione che ci ho messo, nonostante, diciamocelo, non sia certo uno di quegli amatori forti. Eppure ho fatto qualcosa di grandioso, qualcosa che ne sono certo tanti non pensavano fossi in grado di fare. A furia di pensare sono di nuovo in cima. Carlo mi sorride. Mi dice che ci siamo. Avviso tutta la crew, tutto il TeamPippy che sto per fare la discesa che mi porterà poi ad affrontare per l’ultima volta la salita. Carlo una volta arrivati al bivio di Solto mi chiede se preferisco restare da solo per l’ultima ascesa. Alla fine penso che sia bello fare l’ultima volta la salita con un ragazzo che in bici va forte e che ha conquistato due anni prima di me un Everesting, quindi ben venga averlo al mio fianco in questa giornata che non potrò mai dimenticare. Sono le 16.55 e sto per affrontare per l’ultima volta la salita.
Sono stanco ma non finito, ne ho ancora, nelle gambe e nella testa. Nonostante una serie di dolori che ad ogni ascesa si sono fatti sempre più forti. Dalle spalle ai piedi. Gli ultimi poi sembrano avere degli spilli roventi sulla pianta. Sto per realizzare il mio sogno, e neppure il dolore fiisco mi può fermare ora. Sto per portare a termine una sfida che un anno fa sognavo. Affronto il terzo tornante e mi accorgo di avere le lacrime agli occhi. Sono lacrime di gioia. Sto piangendo, avevo messo in preventivo anche questa cosa. Sto piangendo e sono felice, come quando ho preso in braccio il mio ometto per la prima volta. Alzo la testa lungo la strada, Carlo è cento metri più avanti. Rallenta per aspettarmi come se si fosse accorto che avessi bisogno per un attimo di stare solo. Sono momenti che solo chi ha fatto un Everesting può capire. Spingo la bici lungo la strada, la spingo pensando che tra poco sarà finita. Pedalo in piedi sui pedali, pensando che tra poco potrò gustarmi una birra ghiacciata dopo essermi finalmente lavato. Puzzo. Sono sudato come mai prima d’ora, ma è sudore che è servito per farmi realizzare un sogno.
Supero Carlo e mi spingo ancora in piedi sui pedali verso il cartello che indica l’inizio del Comune di Fonteno. Quel cartello dove ventiquattro ore prima tapezzavo con la locandina della mia sfida. Quando lo supero prometto che tra poco tornerò da lui per lasciare il segno dell’impresa, per marchiare quanto fatto in queste lunghe ed emozionanti ventitrè ore in sella.
Mancano 2 km, Carlo mi affianca mi sorride. Ho ancora la forza di ridere e di gioire, ricordandomi di aver mantenuto la promessa che avrei spianato quella salita di merda. Cerco il telefono nella tasca della maglia, mando un messaggio a Stefano e a Marco. Gli scrivo che il mio Everest è conquistato. Ci sono riuscito.
Sono all’ultimo tornante. Superato sento uno strombazzio di clascon, la voce di Tommy, quella della saretta e del Silvano.
E’ finita. Ora c’è un Everest sopra Fonteno. Sono da poco passate le sei del pomeriggio. Una volta fermato il ciclocomputer lascio la bici al Silvano e mi siedo per terra. Mi tolgo le scarpe. Di fronte a me Tommy che nonsotante il mio pessimo odore decide di stringermi in un forte e lungo abbraccio. Carlo si complimente con me.
E’ finita, ci sono riuscito e sono del tutto consapevole di quello che ho fatto. Prima di tornare verso casa come promesso, mi fermo in prossimità del cartello che annuncia l’arrivo a Fonteno. Tommy mi allunga l’adesivo di Everesting Italy. Tolgo la pellicola dal lato con la colla e con un colpo secco lo attacco alla lamiera del cartello.
Ho il cuore colmo di gioia. Sono felice come un bambino al giorno di Natale. Sceso al bivio con Edine saluto Carlo e lo ringrazio della preziosa e tanto utile compagnia. Spingo nuovamente la bici lungo i 3 km di discesa che mi separano da casa. Ho i piedi che mi fanno ancora male, talmente tanto da decidere di toglierli dalle scarpe e lasciare quest’ultime agganciate ai pedalini.
Una volta a casa è il momento dello sboccio e dei festeggiamente alcolici, in fondo me lo sono meritato.
Una volta in doccia ripenso alle ultime ventiquattro ore, rivivo i momenti di questa straordinaria avventura. L’acqua che mi batte sulla testa, chiudo gli occhi e rivivo le emozioni provate lungo questa indimenticabile sfida, una sfida che ho saputo vincere superando i miei limiti. Una sfida che consiglio a ogni amatore, perchè l’Everesting è qualcosa che non vi dimenticherete mai.
Prima di chiudere ci tengo a ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questa avvenutura, le persone che mi sono state vicine, quelli che sono venuti a farmi compagnia lungo la salita e quelli che anche se a distanza centinaia e migliaia di chilometri mi hanno fatto sentire la loro presenza e il loro calore.
8848 volte grazie a voi, di cuore.
Wow che articolo! Complimenti per la gestione del black out del ciclo computer. Bella soddisfazione completare un Everesting. Chi non ha provato non lo può capire. Complimenti ancora per aver vinto la tua sfida.
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Mi hai lascito senza parole e trasmesso un sacco di emozioni. Non ci conosciamo personalmente anche se a dir la verità mi sembra di conoscerti tanto, ti seguo su Instagram cosi come seguo buona parte dei ragazzi che hanno pedalato al tuo fianco durante questa straordinaria impresa! Le stories viste su Instagram (tue e di tutti i supporters) prima, durante e dopo l’impresa rendevano bene l’idea di quello che hai affrontato ma leggere queste righe gli da decisamente un valore aggiunto, EMOZIONANTE!!!
Davvero bravo Pippy!! Sei stato grande!
C’è un passaggio nel tuo racconto in cui dici che “quel primo punto stronzo della salita il Pippy ciclista neofita lo supera solo spingendo la bici a mano” ecco io oggi sono come “quel Pippy” ma leggendo queste righe mi piace l’idea di darmi obiettivi sfidanti e magari un giorno scalare l’Everest pedalando!!!
Buone pedalateeeeeeeee
@_xplesso_
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Letto tutto d’un fiato, fantastico!
Sei entrato davvero nella storia
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Anche tu!!!
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