La sveglia che suona alle 5.30 e io che impiego quei due minuti comodi per capire chi sono, come mi chiamo e da dove vengo. Non ho neppure il tempo materiale di pormi nuovamente le domande descritte sopra, che una furia fatta a persona alta circa 120 cm del peso di 32 Kg mi salta addosso con la forza di un terremoto. Oltre alla forza del gesto vanno aggiunte una quantità di domande, sputate fuori dalla bocca ad una velocità supersonica. Sì, io a sette anni ero spesso peggio di lui. I geni in fondo non mentono.
Tutta la sua eccitazione ha un motivo, oggi è il primo giorno di gita sulla neve con il C.A.I. oggi è il primo giorno in cui metterà gli sci hai piedi. Dite la verità, pensavate che la sveglia a quell’ora era per uscire in sella alla Mya?
Il fatto che il ragazzo sia fuori casa dalla mattina fino a tarda sera, significa che il sottoscritto non ha obblighi di presenza. Quindi per farla breve, posso permettermi un giro di 5/6 ore in totale liberta senza l’assillo dell’orologio.
Alla vigilia ero andato a letto tardino, alla ricerca della meta migliore, senza per giunta trovarla. L’aver messo piede fuori di casa così presto, e aver dovuto affrontare il freddo mi ha ammazzato. Così una volta rientrato a casa, alle 7.15 circa mi sono ributtato a letto.
Esco di casa che l’orologio del campanile in centro segna le 11.05, la temperatura si è fatta sopportabile. Comincio a muovere le gambe con calma, spingendo la bici fuori dalla città. Non sò ancora dove andare, me lo ripeto in continuazione, nel frattempo sono arrivato alla solita ciclabile che costeggia il Villoresi. Mentre pedalo verso Saronno ho ancora qualche chilometro per decidermi; Varese o Como? Al bivio per Lomazzo tiro dritto, si và a Varese.
Lungo il tragitto penso mentalmente al giro da fare, vorrei raggiungere il lago e vedere com’è la ciclabile che lo costeggia. Ho letto molti racconti su quella strada che corre lungo le sponde del lago, sono curioso di vedere dal vivo com’è. Decido, di fare un po’ di salita per arrivare al lago, arrivato a Castiglione Olona al semaforo prima della chiesa giro a sinistra e imbocco la strada che mi porterà al Piccolo Stelvio. Di questa salita vi ho già parlato diverse volte, oggi la farò tutta fino a Morrazzone. Mentre salgo lungo i tornanti penso che è da parecchio tempo che non la percorro tutta fino a Morrazzone.
Arrivato in cima, 400 metri di altitudine mi preparo per la discesa che mi porterà da Morrazzone a Gazzada. Discesa lungo una strada abbastanza larga e finalmente con un fondo stradale decente. Ogni volta che decido di venire in queste zone mi accorgo che l’asfalto in molti tratti è pessimo poco prima di Tradate c’è un tratto di quasi un chilometro che pedalare a destra è praticamente impossibile, a meno che non si voglia provare a rompere un cerchio.
Discesa a cannone fino a Gazzada, c’è un bel sole ora, scalda poco ma una volta arrivato al lago sono certo che sarà parte integrante del paesaggio e saprà renderlo ancora più bello. Nel frattempo sono arrivato a Buguggiate, al lago manca poco.
Lancio la bici alzandomi sui pedali quando con lo sguardo incrocio il cartello che mi dà il benvenuto a Capolago. Butto uno sguardo alla mia sinistra e scorgo la ciclabile, ci accedo alla prima rotonda che incontro.
Inizio a percorrerla e sembra di essere ovunque meno che sul lago di Varese. In questo primo tratto la ciclabile corre dentro ad una fitta vegetazione, il lago è poco distante da me, ma non si vede. La ciclabile, almeno nella prima parte, è piena di curve e non è propriamente molto larga, fortuna che in questo tratto è poco trafficata. Attraverso con la bici alcuni piccoli e brevi ponti che scavalcano dei piccoli ruscelli, la vegetazione crea molta ombra lungo la strada il che tende a rendere la temperatura più frizzante rispetto a prima. Dopo due veloci curve di colpo la vegetazione sparisce gli alberi lasciano posto a vasti prati tagliati solo dal cemento della strada, più in fondo si vede finalmente anche il lago.
Dopo una breve sosta riprendo il mio giro, con il sole che mi batte addosso. La ciclabile continua ad essere pressochè vuota, fatta eccezione per qualche biker con mtb e qualche bambino a passeggio. Purtroppo in alcuni punti la ciclabile si interrompe costringendoci a percorrere dei brevi tratti su strada aperta al traffico delle auto, che va detto sono pressochè assenti. L’atmosfera intorno a me è a tratti magica, la strada che attraversa prati incontaminati, il lago e le montagne in alcuni casi con le cime innevate a fare da sfondo e tutto intorno un silenzio surreale, rotto solo una volta arrivato al Lido di Schiranna.
Decido che questo è il posto perfetto dove consumare una barretta per riempire lo stomaco che nel frattempo ha lanciato i suoi primi timidi brontolii.
Quando riparto, è l’una passata, prima di ritrovare la ciclabile devo percorrere circa un chilometro lungo la Via Macchi. Ora il lago è più distante e la strada inizia a salire in maniera dolce. Il lago si vede in lontananza, più vicino al mio sguardo ora c’è il piccolissimo aereoporto di Calcinate del Pesce, dove un’aliante è pronto al decollo. Mentre osservo il tutto, penso che sarebbe bello un giorno tornare con il settenne di cui vi ho raccontato all’inizio. Magari in primavera….
Proseguo con il mio giro lungo la ciclabile che ora mi porta dentro i confini del comune di Groppello. Questo tratto di ciclabile scorre vicino al lago, il fondo stradale in questo tratto è parecchio rovinato, ma il peggio lo incontro arrivato a Gavirate dove bisogna percorrere un breve tratto in ghiaia che ha di fatto preso il posto dell’asfalto.
La strada possiamo dire che è inversamente proporzionale con la bellezza del panorama che il lungo lago di Gavirate può regalare. Qualcosa di magnifico. Spingo la bici in direzione Bardello, la ciclabile si allontana nuovamente dalle rive del lago salendo per qualche metro costeggiando alla mia destra il lago di Biandronno. In questo punto la strada attraversa un bosco con una fitta vegetazione fatta di Carpini, Castagni e Pini. Passo davanti all’Isolino Virginia, una piccolissima isola, risultato della sedimentazione di detriti accumulatasi nel corso dei millenni. L’isola è dal 2011 un bene protetto dall’Unesco.
Dopo Biandronno, mi perdo con le indazioni della ciclabile e mi ritrovo sulla strada provinciale. Ne approfitto per fare un po’ di velocità, la strada sembra essere perfetta e anche il gruppetto di cinque ciclisti che mi ritrovo davanti sembrano avere la mia stessa idea. Mi accodo a loro, lanciandomi a 40 km/h, prima di salutarli e riprendere la ciclabile dò per poco più di un chilometro il cambio al primo del gruppo che tirava come un cavallo impazzito. Ovviamente il finire davanti a tirare gli altri quattro, significa far scendere la velocità di quei 5 km/h giusto per ricordarti che sei sempre un povero pummarola.
A Cazzago Brabbia rientro lungo la strada ciclabile, in questo punto noto che è più larga ma anche più affollata, soprattuto di bambini a bordo di bici , monopattini, pattini e spinti da mamma o papà nelle loro carrozzine. Si è alzato il vento, che mi costringe ad alzare il passamontagna per resistere dal gelo che batte sul viso. Alla mia destra immensi campi ospitano un piccolo pascolo di pecore e asinelli. Pedalo accorgendomi di essere in mezzo alla natura, sono parte integrate di essa. Consiglio a tutti una sgambata in questa zona, davvero unico e magico. Percorro, spingendo sui pedalini, gli ultimi chilometri di ciclabile, 27 piacevolissimi km intorno al Lago di Varese, in una soleggiata e neppure troppo fredda giornata di Gennaio davvero goduti, ma per il ritorno a casa c’è ancora un po di strada.
Sono tornato alla rotonda di Capolago, tengo la destra per Buguggiate, sono su quel tratto di strada che stamattina all’andata ho fatto ad una velocità supersonica, appoggiato sul tubo orizzontale della Mya areodinamico come mai prima a spingere e comandare la bici mentre scorre sull’asfalto a 60 e più chilometri orari.
Ora invece è salita, non dura sia chiaro, ma pur sempre salita. Il ciclocomputer dice che siamo al 5/6 %. Ho già fatto 100 km, le gambe iniziano a risentirne, vorrebbero tanto un tratto di discesa, vorrebbero riposare, vorrebbero avere un po di respiro.
Respiro che arriva dopo altri due chilometri di salita, per fortuna che da qui fino a Lozza è tutta discesa che faccio anche in questo caso in picchiata a tutta, poi arrivati a Lozza si riprende a salire per quasi due chilometri qui la pendenza è un po più dura ma non supera mai l’8%. Arrivati a Vedano Olona, si può dire che le fatiche di giornata siano finite. Da qui fino a casa di salite non ce ne sono più, non solo, la strada tende a scendere lungo i 35 km di strada che mi separano da una doccia e una birra fresca. Come spesso accade, anche oggi quei 35 km li ho fatti ad una media di quasi 35 km/h, ecco perchè mi è sembrata breve la strada.
Archivio così il primo “lungo” del 2019 soddisfatto e decisamente provato, la sveglia delle 5.30 inizia a farsi sentire.