ABRUZZO TRAIL

Ma voi ci siete mai stati in Abruzzo? No dico, ci siete mai stati con la vostra bici? E con una Gravel?

Dell’Abruzzo e di quanto sia bello in sella ad una bici ne ho sentito parlare da sempre un gran bene. Il primo a raccontarmi la bellezza dei territori fu Marco, era il 2019. Dopo di lui, la storia l’ho risentita da Emmanuele, Carlo, Danilo, Giuseppe, Chiara.. si quel Giuseppe quale sennò!

Tutti questi racconti mi avevano spinto a provare a convincere la famiglia di passarci le vacanze estive dello scorso anno, ma non fui abbastanza convincente.

A Gennaio arriva inaspettata la chiamata di Mattia, uno degli organizzatori dell’Abruzzo Trail. Ci ho messo meno di un minuto ad accettare l’invito, pur consapevole che il lavoro e le vacanze avrebbero potuto obbligarmi a declinare mio malgrado l’invito, chi ha famiglia sa bene di cosa parlo. L’arte dell’incastrare tutto non è un’arte facile.

Tutto per fortuna è stato incastrato in maniera quasi perfetta, e a farmi compagnia in questa avventura si sono uniti anche Dario e Simone. Manca la bici però. Olivia è ancora ferma in attesa della leva di sinistra da sostituire in garanzia

A venirmi in aiuto come sempre ci pensano i ragazzi di Joule che in mezza giornata mi recuperano un mezzo per presentarmi alla partenza.

Fin dalla prima chiamata Mattia ha sempre sottolineato che quello del Mags è un tacciato molto tecnico. Non a caso sono in molti ad affrontarla con mountain bike full. Il percorso di 273 km per poco meno di 6000 metri di dislivello ha alcuni passaggi su sterrato vero. Quello fatto di sassi e rocce, mica il boschetto delle Groane dietro casa o le strade bianche. Mi racconta che il modo migliore di affrontare il trail è quello di prendersi il giusto tempo necessario, l’ideale per godere appieno della strada e dei panorami sono tre giorni.

Nei miei programmi però c’era la volontà e anche l’obbligo di affrontarlo senza fermarsi a dormire. L’idea inizialmente non entusiasma molto i miei compagni di viaggio, in special modo Simo, che senza vergogna ricorda a me e Dario di non avere certe distanze nelle gambe. Alla fine, lungo il viaggio in auto, che ci porta in quel di Citta Sant’Angelo, anche Simone si convince.

Arriviamo in Abruzzo la sera di Giovedì giusto in tempo per il ritiro dei pacchi gara e del gps. Terminato il briefing decidiamo di tornare nel nostro alloggio. Quaranta minuti dopo ci raggiunge Simone, il boss di DeQou con un furgone manco a dirlo colmo di birra. Ceniamo tutti insieme con l’aggiunta di Emmanuele, Danilo e Carlo. Tra una birra e una serie infinità di risate tiriamo l’una di notte.

La mattina della partenza siamo in piedi alle 6.00, in piedi, ma decisamente non molto svegli. Alle 7.10 diamo i primi colpi di pedale lungo la discesa che porta alla fine del centro storico di Città Sant’Angelo. Il nostro trail è ufficialmente iniziato.

Dario ha equipaggiato la bici con una cassa stereo. La musica sarà per la maggior parte sempre la solita. Una traccia vince su tutto.

La prima parte di trail è a dir poco spettacolare, percorriamo un provinciale fino ad affrontare il primo pezzo di sterrato. Come anticipato da Mattia, il fondo è fatto di sassi e rocce, ma ne esco abbastanza agilmente. La Caad X messa a disposizione da Joule risponde bene.

Il caldo è il vero protagonista della mattinata. Alle 10 il termometro segna 39 gradi. Inizia una specie di processione delle fontane. Per fortuna almeno in questa prima parte di tracciato ce ne sono parecchie, tutte potabili e tutte con acqua più che fresca. Utili oltre che a riempire le borracce anche a buttarci sotto la testa alla ricerca di un piccolo istante di refrigerio

Il cielo, nel giro di meno di mezz’ora, si fa grigio e da li a poco iniziano a scendere le prime gocce. Per una volta ho sperato che durasse una mezzoretta e che aiutasse a rendere la temperatura più vivibile e più fresca. E invece niente, ci dice male. In meno di dieci minuti tutto finito, facendo salire dal terreno ancora più caldo.

A me invece bastano meno di 30 km per capire che, la mia già poca familiarità con lo sterrato è sensibilmente diminuita dopo oltre sei mesi senza montare su una gravel. Se ci aggiungete che i settori sterrati sono davvero in alcuni casi molto off limits potete da subito immaginare lo stato di “tensione” del sottoscritto.

Fortuna che c’è Cinco, molto più abituato a muovere una gravel e sicuramente più esperto. Scende convinto lungo i tratti più tecnici e fa da vero apripista. Simone fin qui tiene bene il ritmo, perdendo solo un po’ di contatto nei tratti in salita.

Attraversiamo un piccolo corso d’acqua e visto che la torrida temperatura non accenna a diminuire ne approfittiamo per scendere dalle bici e bagnarci piedi e gambe nel torrente.

La strada è davvero uno spettacolo, non siamo neppure ad un quarto del tracciato e ci siamo già rifatti gli occhi con alcuni panorami che non si posso descrivere a parole. Come quando dopo una bella curva a gomito leggermente in salita dal bosco ti vedi spuntare da lontano lui. Il Gran Sasso. Quasi manca il fiato. E’ bellissimo.

Ci fermiamo al primo ristoro dopo 50 km dalla partenza. Abbiamo già nelle gambe oltre 1000 metri di dislivello e anche complice il caldo iniziamo a sentire la prima vera stanchezza.

Proseguiamo addentrandoci in un nuovo settore sterrato, leggermenete in discesa, mancandomi la traccia sul ciclo computer mi perdo e impiego un buon venti minuti a ritrovare Dario e Simo. Li ritrovo solo seguendo il richiamo delle loro voci, non senza smadonnare. E’ sembrata quasi una scena comica. “Sali dalla strada sterrata sotto il ponte.. siamo qui” – “Oh! ma qui dove che io non riesco a vedervi..” Così per venti minuti. Scleri ma anche tante risate come sempre. La cassa che Darione ha messo sul manubrio tiene alto l’entusiasmo.

Ogni singolo colpo di pedale ci porta sempre più vicino al massiccio del Gran Sasso. Pedaliamo per un’ora con lui sullo sfondo. Li immobile come ad osservarci, come a guardarci, ad aspettarci. Prendiamo quota passando da un breve tratto sterrato e da li proseguiamo superando Isola del Gran Sasso per poi fermarci al primo bar aperto lungo la strada. Sono le quattro di pomeriggio, e il caldo sta diventando ingestibile. Non ricordo di aver ancora visto Dario con la maglia chiusa, per intenderci. .

Poco prima delle 18 arriviamo a Pizzoli in un tratto di strada che è a dir poco pornografico. Noi tre con le nostre bici e un intero panorama al tramonto. Non sò se c’è bisogno di aggiungere altro.

Pedaliamo fino a poco prima di Fonte Cerreto poi lo stomaco e le forze ci impongono di fermarci. Lo facciamo allungandoci di qualche chilometro fino ad Assergi, andando di fatto leggermente fuori dalla traccia, ma trovando un ristorantino dove possiamo finalmente fermarci tirare il fiato e cenare con un pasto decente.

La fame è molta, quindi giro di arrosticini e pizza con doppia birra per tutti. E passa la paura! Al termine del nostro ricco banchetto, dopo aver espletato tutte le formalità social e di contatto con amici e parenti decidiamo di provare a fare un micro sonno. Ci appostiamo in una specie di parchetto. Troviamo un tavolo e delle panche vicino ad una fontana. Dario e Simone sono super attrezzati, sacco a pelo e coperta termica. Io da bravo zingaro una mantellina.

Dopo dieci minuti Dario quasi russa. Io invece ne impiego cinque in più per capire che non dormirò. La panchina è scomoda, lo spiderbag seppur comodo nel contenere cose, non può certo sostituire un cuscino. Poi c’è la fontana, troppo gettonata dalla popolazione locale, che si presenta a riempire taniche quando mancano dieci minuti a mezzanotte. Il guaio è che, quando va bene, lo fa arrivando in macchina e sparandoci la luce dei fari dritto negli occhi. Quando invece dice male, arriva a piedi dieci centimetri dalla panchina controllando se siamo morti. Ebbene sì è successo anche questo.

Svegli tutti. E’ l’una, e tra un sacramento di Dario e una risata ci rimettiamo in marcia decisi a scalare Campo Imperatore in piena notte.

Mattia, mi aveva raccontato la sera prima, che se ci fosse stata la luna piena era perfetto salire in cima. Diversamente suggeriva di farlo di giorno, il panorama in cima ne avrebbe giovato parecchio.

La luna piena non c’è ma vi assicuro che scalare i quasi 36 km Da Assergi fino alla cima, nel cuore della notte è stato semplicemente spaziale. Lungo la salita, il buio è padrone assoluto. La strada è illuminata solo dai nostri fari montati su bici e casco. Questo ci permette di vedere una stellata che personalmente poche altre volte in vita mia avevo visto.

Una volta in cima ci prendiamo il tempo per goderci lo spettacolo unico che offre il cielo e il silenzio.

Sono da poco scoccate le cinque del mattino. Siamo stanchi sfatti e decisamente sporchi e puzzolenti. Ci riagganciamo ai pedali e iniziamo ad affrontare la discesa che è per buona parte su sterrato. Si alternano tratti di ripida discesa, in gran parte sconnessa fatta prevalentemente di rocce e tratti di pianura con il fondo per fortuna più compatto e percorribile. Proseguiamo così fino a circa 5 km dalla fine della discesa quando in un tratto in mezzo ad un piccolo boschetto, un ramo di discrete dimensioni si incastra tra la gabbia e il deragliatore posteriore tranciando di fatto il cambio dal forcellino.

Questo significa trail finito per me. Dario prova in qualche modo a smagliare la catena e cercare di trasformare la bici in una specie di single speed ma non c’è verso di sistemarla.

Non senza un pizzico di rabbia sono costretto ad alzare bandiera bianca.

A farmi passare la rabbia ci pensa l’alba che appare in cielo poco prima delle 5.40.

Affronto gli ultimi chilometri di discesa in sella alla bici arrivando fino all’inizio della salita di Castel del Monte. Lì saluto Dario e Simo e cerco un modo per tornare a Città Sant’Angelo.

In mio soccorso arriverà Simone Bertin, ma solo dopo aver percorso quasi 27 km spingendo la bici a piedi lungo i tratti di salita e montandoci sopra durante le brevi discese.

Una volta arrivato a casa mi regalo una lunga doccia. Sotto l’acqua fresca riordino idee ed emozioni. Rivivo la strada percorsa, i momenti divertenti condivisi con i miei compagni di viaggio.

Finalmente pulito e improfumato mi butto nel letto alla ricerca di un pò di riposo. Durerà poco, colpa del mio stomaco che da li a poco chiederà urgentemente del cibo.

Poco dopo le 10.30 ricevo la chiamata di Simone che stremato dal caldo e dalla fatica mi annuncia il suo ritiro. Mezz’ora dopo l’ho recuperato e portato con me all’arrivo in attesa che arrivi Dario.

Cincotto taglierà il traguardo poco prima delle 12 facendo registrare il tempo complessivo di 30 ore e 55 minuti.

Dopo un paio di birre torniamo a casa e passiamo il pomeriggio a riposare prima di finire questi magnifici tre giorni con le gambe sotto il tavolo in campagnia di Emmanuele, Carlo, Danilo e di Giuseppe in un ristorante dove ci sfondiamo di birra, arrosticini e altre specialità abruzzesi, incluso quelli alcolici. A proposito, dopo cena il centerba mette tutto in ordine in un attimo…

Facce sobrie post cena

Un’esperienza unica, che mi ha divertito tantissimo, che mi ha permesso di scoprire un territorio che non avevo mai visto e che mi è entrato nel cuore. Posti davvero unici, incontaminati, che profumano di libertà.

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