Ci sono due genere di persone in questo mondo, chi sceglie di andare a fare “chiusura ad Ibiza” e chi decide di fare “chiusura dei passi”.
Le due cose in comune hanno solo il fatto di essere delle chiusure, la prima di locali e discoteche, la seconda di strade, ma attenzione, non sono semplici strade, sono dei capolavori, dei grandi contenitori di emozioni che passo dopo passo, pedalata dopo pedalata, si presentano e si manifestano.
Ovviamente il sottoscritto tra le due opzioni, preferisce di gran lunga la seconda. La scelta mi porta a ritrovarmi all’alba delle 3.50 di un venerdì 1 Novembre, sveglio in cucina davanti al mio immancabile caffè. Meno di un’ora dopo sono in macchina con Leppe direzione Tirano. A seguirci con la sua tamarrissima 208 la guess star di oggi, Teo.
Matteo (per gli instagramers @teodika1) è un ragazzo che corre in scatto fisso, ha iniziato per caso e oggi è diventato un vero dipendente dei pedali. Qualche giorno prima mi ha scritto confidandomi la sua voglia di aggregarsi quanto prima in un giro con gli Assault, detto, fatto. Sarà la sua prima vera avventura sopra i 2000 metri di quota.
Il giro, disegnato come sempre da “NatGeo” Stefano, prevede in sequenza i passi del Bernina, e della Forcola. Arrivati a Livigno ci saranno poi due opzioni, legate al clima e all’orario, si può proseguire attraversando la galleria del gallo con la navetta, e arrivati in Svizzera si riprende a salire lungo l’Umbrail Pass e successivamente arrivare in cima allo Stelvio, oppure in alternativa sempre da Livigno raggiungere Bormio attraversando il Passo del Foscagno e il Passo dell’Eira e da li raggiungere la cima dello Stelvio.
Il ritrovo con il resto del gruppo è fissato alle 7:00 a Tirano dove arriviamo con una puntualità svizzera.
Piede sul pedale pronto alle 7.30 e si parte. Oltre a me, Leppe, Teo e Stefano ci sono Ettore, Francesco, la Sara, Walterino e Cisco. Ci spingiamo verso l’inizio della salita del Bernina, il freddo si fa sentire da subito, 5 gradi e una leggera arietta fresca. Tirano è ancora sotto le coperte a quest’ora, pochissime persone in giro e cosa più importante, pochissime macchine. Arrivati al Santuario di Tirano svoltiamo a sinistra e come per magia la strada comincia ad alzarsi lievemente. Poco dopo il cartello che segnala l’inizio del passo del Bernina.
Il Bernina è lungo, anzi, il Bernina è dannatamente lungo. Dopo appena 2 km si arriva a Torri, paese che segna l’ingresso in Svizzera. Siamo in Svizzera e lo si capisce dalla qualità dell’asfalto, un biliardo, perfettamente asfaltato, strada ampia e intorno scorci naturalistici di rara bellezza.
La prima parte dell’ascesa è decisamente pedalabile, le pendenze non superano mai il 5%. Nella vallata inziale, la ferrovia del famoso trenino rosso corre affiancando la strada e intersecandola prima di sparire dalla vista. E’ proprio in questo punto che il povero Leppe, finisce dritto con la sua ruota nella sede del binario e, senza neppure realizzare il tutto si ritrova in terra. Una caduta banale, per fortuna senza grandi conseguenze, fatta eccezione per una botta al fianco. Una volta prestato soccorso e dopo esserci assicurati che il Raffo era tutto intero si riparte. Qualche km dopo incontriamo la nebbia che ci terrà compagnia per quasi la metà dell’ascesa.
Dopo aver superato il lago di Poschiavo e il suo omonimo paese, le pendenze si fanno sentire ma è solo all’uscita del paese che la salita si mostra nel suo essere, con un’incessante e testarda continuità. Immersi in un bellissimo e assai fresco bosco si affrontano lunghi drittoni con solo lievi semicurve e nessun tornante (la mia amica Redaschi ne sarebbe entusiasta).
Superata quota 1200 metri slm il gruppetto formato da Stefano, Walter ed Ettore si ferma per diciamo, dei problemi tecnici ad uno dei tre (insomma quando scappa, scappa).
Proseguo in solitaria affrontando i pochissimi tornanti che si incontrano lungo la strada. Mentre spingo la Renata mi godo l’incredibile paesaggio che ho intorno.
Poco più avanti in prossimità di un ristorante c’è una breve spianata. Siamo a quota 1600 metri, Walter, Stefano ed Ettore sono rientrati e stanno pedalando poco avanti a me. E’ il punto di discontinuità della salita, non proprio per le pendenze che toste riprendono come in precedenza, quanto per l’ambiente circostante: si esce dal bosco e salendo il panorama si apre sempre più. Compaiono finalmente anche dei tornanti, un paio anticipano il bivio per Livigno. siamo poco oltre i 2000 metri di altitudine, mancano 3500 metri al cartello del passo e sono i più tosti.
Mi rendo conto di pedalare in mezzo alle montagne, quando realizzo il tutto mi sento quasi mancare il fiato, già deficitario di suo. Quello che osservo con i miei occhi è la maestosità della natura, qualcosa di davvero spaziale. Affronto l’ultimo chilometro con un fortissimo dolore al ginocchio, arrivato al cartello del passo sono davvero esausto.
Il Bernina è davvero sfiancante, il Bernina è davvero snervante. In cima il termometro segna 1 grado, fa un gran freddo, la nebbia non permette di vedere oltre i 200 metri.
Dopo le foto di rito, e dopo aver preso anche la cazziata della polizia svizzera per esserci fermati dentro la sede stradale, ripartiamo affrontando qui 3 km di strada fino al bivio per Livigno. La discesa ci fa prendere un gran gelo, tanto da non sentire più i piedi.
Una volta terminato il breve tratto in discesa la strada riprende a salire, le ruote della Renata toccano per la prima volta la strada del passo della Forcola, quella strada che di fatto ci porterà a Livigno. Il passo è corto, solo 3800 metri, ma con pendenze che si attestano tra il 9% e il 14%. Intorno lo spettacolo unico della natura e di un paesaggio incontaminato. Nel frattempo la nebbia se ne è andata e permette di godere del panorama in tutta la sua maestosa bellezza.
Pedalo vicino a Teo riuscendo anche a scambiare due parole, con parecchia fatica. Superiamo un breve tratto di strada dove la pendenza sale in maniera decisa, mi alzo sui pedali e cerco di non perdere contatto dal Teo. Più avanti il resto dell gruppo, di cui riesco a sentire in maniera nitida le voci e le risate.
Nel frattempo il freddo si fa sentire, e non è il solito freddo, è il freddo dei 2000 metri, quel freddo secco che percepisci subito, che ti congela. Quel freddo che quando affronti la discesa lo senti batterti sul viso. Quel freddo che in certi momenti ti fa soffrire e in altri ti fa sentire vivo.
E’ per colpa del freddo che, una volta raggiunta la cima del Passo Forcola, mi fermo e decido di cambiare i guanti, optando per il secondo paio che avevo saggiamene messo nello zaino. Una volta completato il cambio mi riaggancio ai pedalini e rientrato in Italia affronto la discesa che mi porterà a Livigno.
La discesa è divertente e al tempo stesso non particolarmente tecnica. Mentre affronto i tornanti cerco di prestare la massima attenzione, la mia mente mi ricorda cosa accadde scendendo dallo Spluga qualche settimana prima. Sarà anche per questo che stranamente affronto la discesa con i freni belli tirati.
Qualche chilometro prima dell’arrivo a Livigno ci fermiamo ad un bar lungo la strada per rifocillarci e sopratutto scaldarci. Siamo in perfetto orario con la tabella di marcia, il pulmino è prenotato per le 12.20 abbiamo più di un’ora di tempo.
Non sono in perfetta forma, il ginocchio sinistro mi da fastidio, il solito che mi attanaglia da qualche settimana. Dentro al bar cerchiamo di riempire lo stomaco di cibo e permettere al corpo di riprendere una temperatura accettabile, cosa che al povero Leppe riesce molto difficoltosa. Il freddo patito durante la discesa in aggiunta alla caduta seppur banale della mattina lo hanno mandato un pochino in crisi. Dopo un veloce consulto decido di seguirlo facendogli compagnia nel secondo percorso disegnato da Stefano i giorni precedenti. Insieme a noi decide di aggregarsi anche Teo.
Definiti i piani rimontiamo in sella e riprendiamo la discesa verso Livigno. Essendo ancora in anticipo ci spingiamo lungo la via strada che porta nuovamente al confine di stato. La percorriamo compatti per qualche km prima di girare le bici e ritornare dalla stessa strada appena percorsa.
Il passaggio regala un paesaggio sensazionale che non ho saputo resistere dall’immortalare, perdendo la ruota dei miei compagni.
Mi rimetto in moto e provo a raggiungere il resto del gruppo che nel frattempo si era allungato. Tornati in centro a Livigno io, Leppe e Teo salutiamo il resto del gruppo e ci diamo appuntamento in cima allo Stelvio.
Prima di rimetterci in moto, decidiamo di pranzare. purtroppo il posto scelto si rivela un terribile fallimento. Veniamo abbandonati al tavolo per mezz’ora senza neppure farci ordinare. Decisamente troppo, così scocciati, anzi proprio incazzati (diciamolo) ci alziamo e rimontiamo in sella. Visto il tempo perso, decidiamo di pranzare una volta che saremo arrivati a Bormio.
Ci spingiamo lungo la strada che ci porterà prima in cima al Passo Eira e poi al Foscagno. Entrambe le salite misurano in totale 13,5 km. La strada sale da subito e regala spendidi vedute del paesaggio, proseguendo poi con un lungo tratto in cui si costeggia la parete della valle.
La salita non è particolarmente impegantiva, il vero problema per il sottoscritto è il ginocchio che inizia a dare davvero fastidio. Mi arrampico lungo la salita spingendo quanto mi è possibile sui pedali cercando però di non sforzare troppo evitando di sentire quelle fastidiose fitte ogni volta che affondo la pedalata.
Raggiunta quota 2000 metri incontriamo una fitta nebbia, che a tratti abbassa la visibilità a sotto i 100 metri.
Giunti al passo, una ripida discesa al 10% di pendenza, ci porta a Trepalle.
Raggiungiamo poco dopo una breve galleria di protezione e, dopo aver attraversato il ponte del Rez, ricomincia la salita che porta finalmente al passo del Foscagno. Il dislivello da percorrere non è eccessivo (poco più di 300 metri) la salita si fà però più difficoltosa.
Dopo il primo breve tratto con pendenze medie infatti, si presentano rampe con pendenze fino all’11%, che si addolciranno nuovamente a pochi metri dai due tornanti che portano alla dogana e al Passo che raggiungiamo avvolti in una nebbia che neppure la Pianura Padana…
Decidiamo di accendere le luci anteriori, e dopo aver informato i finanzieri che non abbiamo “Nulla da dichiarare” ci rimettiamo a mulinare lungo al discesa che ci porterà a Bormio. Lanciamo le nostre bighe lungo la strada fregandocene del freddo e del gelo, nonostante questo sia davver notevole, tanto quanto la nebbia che a tratti è davvero a livello di muro.
Deve essere stato in quel momento che tutti e tre abbiamo pensato nelle nostre menti che era folle raggiungere la cima dello Stelvio oggi. Arrivati a Bormio la nebbia è sparita lasciando spazio ad una leggera pioggerellina. Attraversiamo via Roma in cerca di un locale che possa saziare la nostra immensa fame.
Trovato il posto ci accingiamo a parcheggiare in maniera sicura le bici, quando dal fondo della veranda un giovanotto mi guarda e nel mentre mi grida “Kuudooosss”.
Nello stupore generale misto a divertimento faccio la conoscenza di Paolo Birocci, che in quel di Bormio è il titolare del negozio Spot On. Un personaggio, senza filtri, forse anche per merito dell’alcool, ma raga ci sta!
Prendiamo così posto all’interno del locale, con la promessa di Paolo, che le bici non ce le toccherà nessuno. Una volta dentro, dopo aver preso posto al tavolo, decidiamo di avvisare il resto del gruppo che non avremmo raggiunto la cima dello Stelvio. Era oggettivamente impossibile. Chiamo Ettore per avvisarlo e mi informa che in cima all’Umbrail sta nevicando!
Decidiamo così di prendercela comoda e godere senza fretta del pranzo. Risultato un’ora comoda al tavolo al calduccio a mangiare e bere, alla fine saranno quasi tre medie a testa, di birra ovviamente.
Quando ci rimettiamo in sella sono le 16.50 e la luce sta lentamente facendo spazio al buio e al freddo. Inutile dire che siamo in ritardo sulla tabella di marcia.
I Chilometri che ci separano da Bormio a Tirano sono circa una quarantina. Si potrebbero fare tutti attraverso la ciclabile del sentiero Valtellina, non fosse che non siamo riusciti a trovare l’ingresso. Percorriamo tutta la strada statale, transitando da punti completamente avvolti nel buio totale.
Lungo il percorso verso la macchina non mancano ovviamente momenti di totale ignoranza, avevamo pur sempre parecchio alcool in corpo.
Arriviamo alla macchina alle 18.50 quando li altri sono hanno da poco raggiunto Bormio lungo la discesa dello Stelvio al buio e sotto la neve.
Un’altra giornata epica in archivio, un altro super giro portato a termine, un’altra giornata da ricordare.
Due giorni dopo il nostro passaggio una fitta nevicata si abbatte sulla zona obbligando le autorità a chiudere i passi della Forcola e del Foscagno. Inomma è stata una vera chiusura.
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