Assault to Cuvignone

Non smetterò mai di volerti bene, non solo per le emozioni che mi fai provare, ma anche per le belle persone che mi stai facendo conoscere.

Sabato 13 Aprile 2019

Scalare un passo da tutti quattro i versanti. Detto così mette paura, nella realtà fidatevi che potrebbe anche essere peggio. Di una cosa ora sono certo, posso farlo anche io.

La sveglia suona prestissimo, 5.50 per la precisione, l’appuntamento è fissato per le 7.00, già non bastasse la fatica del giro, ci mettiamo anche quella della sveglia, perchè se non soffri non potrai mai godere appieno l’impresa. Così alle 6.30 mi ritrovo a pedalare per le strade della mia città completamente deserte e non sto a spiegarvi la goduria. Quando arrivo al parcheggio della Decathlon di Saronno non c’è ancora nessuno lungo il marciapiede che divide la strada dal parcheggio del negozio. Il tempo di sganciarmi dai pedali e dal posteggio laterale un ragazzo mi saluta sbracciando. Sono distante circa 50 metri, ho gli occhi ancora appiccicati dal sonno, ma il casco e la maglia rosa sono un chiaro indizio di chi sia il ragazzo in questione. E’ Carlo. Sono stato io la sera prima a dirgli di unirsi al gruppo per questa folle sfida organizzata da Stefano e dai ragazzi di Assaultofreedom e Carlo da pedalatore seriale quale è non se l’è fatto ripetere due volte. Anzi si è messo a lavare la bici alle undici di sera. Giusto per intendere.

Mentre Carlo si finisce di vestire, indossando manicotti e gambali, scambiamo un paio di chiacchere. Il tempo non è dei migliori, tant’è che la ride, nominata per l’occasione “Cuviglione Challenge”, è stata fino all’ultimo in dubbio. Alla fine ci si è fidati delle previsioni meteo secondo cui il tempo avrebbe dovuto essere clemente e non rovesciare sul suolo acqua a catinelle come annunciato nei giorni precedenti. Rimane una giornata grigia e fredda, anche io ho optato per indossare oltre ai gambali anche una maglia intima a manica lunga, avendo un rapporto molto conflittuale con i manicotti.

Il tempo di spostarci più vicino alla rotonda e dalla via di fronte a noi, arrivano Stefano e Daniele, entrambi vestiti con una sgargiante giacca arancione, minchia che squadra raga, a bikeporn secondo me non ci batte nessuno. All’appello manca solo Leppe che arriva dopo qualche minuto, per lui oggi è un giorno speciale, diventa più grandi di un anno (tanti auguri fratellino)

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Siamo pronti, si parte direzione Gerenzano, pochi chilometri in cui pedaliamo con un’andatura tranquilla raccontandocela e ovviamente sparando la giusta dose di stronzate. Stefano è fiducioso sulle condizioni meteo, dice che dovrebbe anche aprirsi dalle parti di Varese. Stefano è fiducioso e ottimista di natura, sarà anche per questo che gli voglio bene. Mentre pedaliamo osservo le facce dei miei compagni di avventura, siamo tutti mezzi addormentati lo si vede anche se indossiamo occhiali dalle forme futuristiche, sempre perchè il bikeporn è molto importante, mezzi rincoglioniti dal sonno ma nonostante tutto sorridenti e ovviamente felici, come potremmo non esserlo dal momento che abbiamo le chiappe posate su un sellino e i piedi agganciati ai pedalini??

A Gerenzano, “recuperiamo” il secondo Stefano del gruppo, Stefano Volto, e con lui Walter (finalmente lo conosco di persona). Ripartiamo in direzione Varese dove ci incontreremo con il resto dei partecipanti al challenge. L’andatura si fa un pochino più sostenuta, nel frattempo mi ritrovo affiancato a Walter. E’ altissimo, monta in sella ad una Cannondale supersix particolarmente figa, ha una bella pedalata ma soprattutto spriogiona simpatia solo a gurdarlo.

Arrivati a Tradate, media oraria da 32 secchi, non male considerato che il giro sarà di circa 220 km per 4200 D+ e io povero stronzo che speravo di risparmiare la gamba. Mentre continuo a pedalare, rimanendo a ruota di Leppe, penso a quanto sia bello pedalare in gruppo, anzi, quanto è bello pedalare con questo gruppo. Si pedala, si ride e si scherza, sembra una festa, una festa della bicicletta.

Arrivati a Varese è tempo di caffè, gentilmente offerto dal festeggiato di giornata, a cui rinnovo nuovamente i miei più sinceri auguri per il suo compleanno. Nel frattempo ci raggiungono anche Francesco, Vincenzo e Umberto, ora siamo davvero al completo e dopo la breve pausa, il caffè le brioches e l’ignoranza che non manca mai, siamo pronti a ripartire direzione Cittiglio. L’andatura si fa ancora più tosta, mi accodo a Stefano e resto a ruota mentre le nostre specialissime attraversano la strada che costeggia il lago di Varese. Sembra quasi che il sole abbia deciso di farsi largo tra le nuvole, sembra che forse il tempo sia clemente e ci conceda una piccola tregua. Arrivati a Gavirate abbandoniamo la vista del lago, prendendo la strada che porta a Cocquio Trevisago, il ritmo rimane sostenuto. Sono sorpreso, non mi aspettavo di riuscire a tenere questa folle media oraria, sono sorpreso, soddisfatto e al tempo stesso consapevole che la parte più dura inizierà a breve.

Eccoci, compatti come uno squadrone della morte arriviamo a Cittiglio, ora inizia la vera sfida, ora si comincia a salire per la prima volta. La salita verso la cima del Cuvignone da Cittiglio misura 9 km con una pendenza media del 9%. Si sale dal paese natale di Alfredo Binda, da subito si affrontano le severe pendenze che in alcuni punti superano anche il 14% e da qui si inziano a sentire le prime madonne, le mie in primis. Il gruppo come prevedibile si divide, ognuno sale con il proprio ritmo. Una parte sale con un passo più sostenuto, io rimango insieme a Stefano, Walter e Daniele. La notizia più brutta è che inzia a piovere e in poco tempo l’intensità della pioggia si fa più forte e notevolmente fastidiosa. La strada si snoda lungo un fitto bosco, il fondo non è dei migliori, sull’asfalto si trovano parecchi detriti e molte foglie.

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Lo scenario però è spettacolare, per giunta ci sono pochissime auto a transitare lungo la salita il che rende la nostra ascesa ancora più bella e divertente. Continuo a salire insieme ai miei compagni di avventura, la salita è tosta ma non si molla, come ha detto Stefano questo per me è una specie di test in vista della mia futura sfida di cui vi parlerò presto, e pur essendo un paracarro, le sfide le prendo sempre seriamente e lo sapete che non amo particolarmente arrendermi. Nel frattempo la pioggia non ci vuole proprio abbandonare, alla faccia dell’ottimista del gruppo che stamattina diceva che il cielo si sarebbe aperto e sarebbe uscito il sole, inutile dirvi che tutto ciò comporta una serie di battute accompagnate da grandi e grasse risate.  Fa un gran freddo, la pioggia non molla e mentre affrontiamo gli ultimi tornanti prima della cima, incrociamo Leppe che si appresta a scendere, per lui quella da Cittiglio sarà l’unica ascesa che farà, i festeggiamenti per il compleanno sono pur sempre importanti. Sarà l’unica ascesa anche per Umberto e Francesco che decidono di rientrare verso casa esasperati e infreddoliti dalla pioggia.

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Arrivati in cima, ci fermiamo per rifocillarci e sopratutto vestirci a dovere per affrontare la discesa, butto un occhio alla temperatura che, secondo il mio ciclo computer è di appena 4°, alla faccia della primavera.

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Dopo le doverose foto di rito ci apprestiamo a scendere. Discesa tecnica e molto impegnativa, oltre che per le tante curve sopratutto per il pessimo fondo, pieno di buche e detriti oltre che da molte foglie, per fortuna sta lentamente smettendo di piovere, per me è una buona scusa per testare nuovamente i freni a disco della mia Ridley, che come prevedibile si dimostrano ottimi ed estremamente sicuri. Davanti a me lungo la discesa c’è Stefano, lo osservo scendere, un missile, una tecnica davvero notevole. Arrivati a Porto Valtravaglia siamo pronti per la seconda ascesa, ci leviamo i giubbini antipioggia e ripartiamo.

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Iniziamo a spingere le bici lungo la strada che poco prima ci aveva visti scendere. L’ascesa da questo lato misura in totale poco meno di 11 km, e almeno nella sua prima parte risulta essere più dolce. Pare che la salita più dura fra le quattro è quella da Cittiglio, quella che per fortuna ci siamo appena levati dalle palle. Anche in occasione di questa seconda ascesa, le ruote più veloci prendono il largo staccando il resto del gruppo, sono Carlo e Vincenzo veri motorini che non conoscono fatica e che sembrano essere nati per fare salita. Io, come nella prima ascesa resto in gruppo con Walter, Daniele e i due Stefano. La salita inizia a farsi più dura, alleggerisco il rapporto e continuo a spingere sui pedali, inizio a sentire un po’ di fatica e con essa anche un po di fame. Resto però in gruppo soffrendo ma mantendo un buon ritmo. A circa metà della salita la sfiga colpisce Walter. Una fottuta spina ha forato il suo tubolare posteriore. Con l’aiuto di Stefano e della classica schiuma proviamo a ripararla. Dopo aver gonfiato la gomma con una bomboletta di Co2 ripartiamo uniti ridendocela alla grande. Morale a palla e gambe che sembrano rispondere bene, vi ricordo sempre che il mio rispondere bene è un concetto molto labile. Raggiungiamo la cima per la seconda volta. Siamo a metà del challenge.

La cima del Cuviglione è una lingua di asfalto che si fa largo in un bosco che con il brutto tempo di questa mattina sembra quasi essee spettrale. C’è profumo di foglie e di muschio. C’è un umidità pazzesca che sembra quasi aplificare i profumi.

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Conquistata la cima ne approfitto per mettere nello stomaco una barretta e un gel, Stefano viene in aiuto proponendo una sosta toast a Cuveglio, perchè dobbiamo pur sempre nutrirci. Ci riagganciamo ai pedali e iniziamo nuovamente la discesa, questa volta andando in direzione Arcumeggia. La strada rimane particolarmente sporca e dissestata, la discesa è meno tecnica rispetto a quella fatta dopo la prima ascesa. Mentre scendiamo sfiorando i 60 km/h sento il rumore dei pattini della Cannondale di Walter che vanno a frenare sul cerchio in cabonio. L’aria è particolarmente fredda, credo che sia stato in questa occasione che mi sono autoproclamato un cazzone per non aver optato per dei guanti lunghi anzichè i guantini estivi. Un freddo spaziale, i mignoli non riesco più a muoverli, direi che la pausa pranzo non poteva capitare in un momento migliore. Arriviamo a Cuveglio in un bar situato di fianco ad un celebrissimo negozio di biciclette. Aspetta, siamo sicuri che non possa dire il nome, vabbè insomma, il negozio è Peruffo Cicli. Esposte in vetrina ci sono dei mezzi da paura, esattamente come la mia Peppa.

Prendiamo posto al bar e ordiniamo cibarie varie, i più saggi optano per un the caldo, altri per un bel toast e una bella CocaCola. Inutile dirvi la quantità di puttanate che sono volate in quei quaranta minuti di meritato riposo. C’è stato anche spazio per uno scherzone a Walter, richiamato all’attenzione dal sottoscritto con la scusa che il copertoncino era nuovamente a terra, ovviamente non era così, e via a ridere. E’ incredibile quanto sia balordo a volte. Prima di rimontare in sella c’è spazio per un caffè.

Ripariamo direzione Cunarda per andare a recuperare un’altra parte del gruppo, il Bianchi, Rocco, il Gerva e Mattia, per arrivare tocca un piccolo strappettino che mi mette in difficoltà. Vado in mezza crisi, salvo poi riprendermi anche grazie alla strada che spiana leggermente, per fortuna. Recuperato il resto della ciurma ripartiamo per andare a fare la terza e penultima ascesa, questa volta da San Michele. Secondo voi cosa poteva succedere in un giro come questo? Facilissimo, sbagliare strada! Per fortuna che Stefano dal fondo del gruppo se ne accorge e ci fa prontamente fare inversione ritornando verso Mesenzana.

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Ed è proprio da Mesenzana che spingiamo sui pedali per raggiungere San Michele, ovviamente con la strada che sale per circa 6 km, di cui i primi tre su pavè. Sarà anche per questo motivo oltre che per le condizioni atomesferiche che quasi sembra di essere ad una classica del nord. Dopo tanta fatica, ci meritiamo un po’ di discesa, poca a dire il vero, 2 km scarsi per poi tornare nuovamente a salire in mezzo al bosco e lungo i tornanti fino a raggiungere per la terza volta la cima del Cuvignone. Sono a quota 124 km, conti alla mano il giro lo chiuderò ben oltre i 200, non male insomma.

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Riprendiamo la discesa lungo la strada appena percorsa fino al bivio di San Michele dove teniamo la destra in direzione Arcumeggia. Lungo la discesa incrociamo una fontana, o meglio è un lavatoio da dove esce dell’acqua, io e Carlo assetati, senza stare troppo a pensarci decidiamo di rimpire la borraccia, più scettico oltre che più saggio Walter che però alla fine cede essendo rimasto anche lui con pochissima acqua. Raggiunta la fine della discesa giriamo nuovamente le bici e riprendiamo a salire per l’ultima volta in cima al Cuvignone. Lungo questa ultima salita ci Raggiunge anche Ettore, un altro di quelli che pedala forte, ammette di aver preferito rimanere a letto questa mattina dopo aver visto le condizioni meteo. Nel frattempo io, inizio a vedere la spia rossa della riserva, inzio a fare una discreta fatica. Provo a stringere i denti ma alla fine inevitabilmente mi ritrovo a salire con un ritmo ben più basso dei miei amici, ma alla fine in cima per l’ultima volta ci arrivo. Credo di aver fatto gli ultimi 3 km pedalando più che con le gambe con tutto il resto del corpo, cuore incluso. Di gambe non è ho proprio più, altro che crostatona (Cit)

 

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Scendiamo dalla dal lato di strada che ci aveva visti salire per la prima volta questa mattina, discesa che una volta terminata ci porta davanti ad una magnifica pasticceria poco prima di Cittiglio dove possiamo rifocillarci a dovere. C’è anche chi risente da subito dell’acqua del famoso lavatoio, ma su questo meglio non entrare nel dettaglio.

Sosta finita riprendiamo la strada verso Varese, la crostatina e la cocacola hanno dato un minimo di aiuto. Pedaliamo compatti verso casa a 34 di media, dopo oltre 160 km e circa 9 ore di pedalata. Sento dolore ovunque, però l’ho quasi portata a casa, una soddisfazione unica, un qualcosa che mi riempie di orgoglio. Arrivati a Gemonio Walter deve fermarsi, il suo copertoncino ha ripreso a sgonfiarsi, probabilmente il calore del cerchio durante le lunghe frenate scendendo dal Cuvignone hanno fatto perdere volume alla schiuma. Il guaio vero è che abbiamo tutti finito le bombolette di Co2. Per evitare danni maggiori, Walter su suggerimento di Stefano decide di rientrare in treno, non senza tanto dispiacere.

Noi invece riprendiamo a pedalare, e dopo circa due km scarsi riprendiamo Carlo e Vincenzo. Arrivati a Varese per un attimo ho quasi la tentazione di fermarmi e rientrare anche io in treno. Sono davvero cotto, la gamba ormai è completamente vuota. Non voglio però mollare, così tiro dritto insieme al resto del gruppo e anche grazie al prezioso aiuto del servizio spinte del buon Ettore arrivo a Gerenzano.

Il drittone della Varesina lo faccio restando incollato alla ruota di Carlo, nel cuore che sta esplodendo dalla gioa arrivo a Saronno dove saluto Stefano, Carlo e Dany e spingo la Peppa per gli ultimi 18 Km. A lainate mi infilo dentro la ciclabile e con una pedalata modalità nonno in graziella mi spingo verso casa. Distrutto, ma felice. Distrutto ma divertito. DIstrutto ma felice. Direi che può bastare così.

233 Km 4350 D+

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Sipario.

 

Interpreti da seguire su IG

Stefano LA: @stefanoellea

Dany: @dani6101991

Walter: @walterino_maravilha

Leppe: @leppe99

Carlo: @_carlocomi_

Stefano V.: @ste162vo

Vincenzo: @rematorevincenzo_ilvince

Umberto: @umbemati

Fra: @ilfr4

Alberto: @ilbianki

Rocco: @rocnic83

Gerva: @ilgerva

Mattia: @martur

Ettore: @hector_il_cuper

 

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