Il giorno dopo la fatica dell’Etna, decido di fare nel pomeriggio un breve giro di “scarico” a zonzo per Avola.
Ad essere davvero onesti uscito di casa alle 17.40, con un caldo torrido, vorrei raggiungere la città antica, ma probabilmente devo aver sbagliato strada (un classico) ritrovandomi in mezzo la nulla, lungo una strada sconnessa e a tratti sterrata. E pensare che ero convinto di aver memorizzato per bene le varie vie.
Una volta lasciata la via di casa, inbocco la solita statale in direzione di Noto, superata la zona periferica di Avola, svolto a destra, imboccando la via che porta al cimitero. Secondo i miei calcoli questa dovrebbe essere la strada giusta per salire verso Avola Antica. Dopo una curva la strada si stringe molto, andando a tagliare in due una vasta distesa di limoneti, l’attraverso a ritmo blando tanto da scorgere sulle piante i frutti già quasi pronti, in alcuni casi posso quasi assapporarne il profumo. Al termine della via la strada sale con un piccolo strappo affiancandosi a delle abitazioni rovinate. Sembra di essere in un paese nuovo, completamente diverso da quello che è Avola lido o Avola centro. Lungo la via, sul cui manto stradale preferisco soprassedere, non c’è praticamente nulla. Cerco di evitare le buche che incontro lungo il tragitto, il tutto è reso ancora più difficile per via di un nuovo strappetto. L’altimetro segna quasi 180 metri, ma di cartelli per Avola Antica neppure l’ombra. Proseguo ancora per circa 150 metri fino a quando mi ritrovo davanti ad un bivio, scelgo la strada che va a destra ma dopo pochi attimi sono costretto a fermarmi. E’ una strada a fondo chiuso. Non tutti i mali vengono per nuocere diceva spesso il mio vecchio, e nel caso odierno penso che non ci potesse essere verità più assoluta, e questo ciò che penso quando mi fermo ad ammirare il panorama.
Come accaduto in quasi tutte le precedenti nove uscite, anche oggi posso ammirare il mare da lontano, sotto di me un immenso campo di ulivi. Arriva un venticello caldo che porta con se il profumo del mare e dei campi che ho intorno.
Decido di scendere dalla strada appena percorsa, facendo sempre attenzione alle buche presenti sulla via, e una volta ritornato in prossimità del cimitero proseguo dritto inoltrandomi nel centro della città.
Passando dalla piazza non posso non notare un gruppetto di ragazzini intenti a organizzare le squadre per l’imminente partita di pallone. Hanno gli occhi felici, anche quello che viene scelto per ultimo. Penso di avere la stessa felicità anche io negli occhi ogni volta monto su una bici, se poi percorro strade nuove, questa felicità viene aplificata. Mentre sfilo con la mia bici uno dei ragazzi mi guarda sorridendomi e al tempo stesso da un cenno al suo amichetto vicino, come a dirgli, guarda che bella bici.
Superato il centro della città mi dirigo verso il lungo mare. Il sole sta iniziando a lasciare posto in cielo alla luna, il caldo si fa così meno opprimente, sento una specie di liberazione alla gola. Ad un tratto ho finalmente il mare di fianco a me, posso ora concedermi il lusso ancora una volta di pedalare con uno sfondo speciale, peccato che sia già arrivata l’ora di rientrare verso casa.
Mi spingo oltre quel tratto di strada raggiunto in una delle mie prime uscite. Proseguo sempre con il mare alla mia sinistra, la spiaggia inzia a svuotarsi e mentre costeggio un caseggiato sento il profumo di brace. Pedalo con un pizzico di malinconia, domani dovrò riconsegnare la bici, questo potrebbe essere il mio ultimo giro in questa meravigliosa terra. Continuo a pedalare senza una meta precisa, attraversando strade che non avevo ancora percorso. I giri così hanno un sapore strano, un sapore di avventura.
Devo rientrare a casa, mentre ritorno sulla statale penso che potrei ritagliarmi ancora del tempo la mattina successiva per un ulitmissimo giro. Basta questo per essere di nuovo felice.