Visto che il giorno prima il meteo non mi ha permesso di arrivare in quel di Siracusa, io ci riprovo il giorno seguente.
A scombussolare i piani ci si mette la mia poca propensione ad alzarmi, una volta suonata la sveglia alle 6.00 mi riaddormento, a nulla serviranno le successive due sveglie. Mi alzo alle 7.00 e con un aria che farebbe invidia al miglior zombie mi vesto e monto in sella.
Mentre supero la spiaggia del Gelsomineto, penso che potrei dare un pò di movimento al giro andando a fare i soliti lavori di ritmo sulla strada percorsa il giorno prima a Fontane Bianche. Poco dopo aver superato il fiume Cassibile, alla rotonda, tengo la destra imboccando la pronvianciale 104. Affronto il breve tratto di discesa entrando finalmente nell’abitato di Fontane Bianche. C’è un timido sole che illumina il mio cammino, e rende la spiaggia e il mare ancora più meravigliosi. E’ talmente bello che non resisto e mi fermo per godere appieno l’emozione che mi procura la vista di questo capolavoro.
Questa mattina ci sono pochissime auto in giro, sarà che è Ferragosto, in compenso sul viale dei Lidi come ogni mattina incrocio le prime persone, pressopiù, famiglie con bambini esaltanti al seguito, che si dirigono verso la spiaggia, nelle facce dei papà in alcuni casi leggo già delle smorfie di fatica per l’imminente giornata che si apprestano a vivere. Le smorfie di fatica nel mio caso invece, almeno per oggi, non sono previste, la strada verso Siracusa non prevede salite eccetto qualche brevissimo strappo per giunta molto tranquillo. Mi posso quindi godere ancora una volta il panorama e i rumori che solo il mare e questa terra sanno regalarmi.
Continuo a pedalare sulla provinciale superando velocemente le piccole stradine che portano ad Ognina prima e Arenella poi. Proprio all’altezza del territorio di Arenella la strada svolta e dopo qualche chilometro, pedalando attraverso a serre e coltivazioni di pomodori, mi ritorvo di nuovo sulla statale. A Siracusa mancano circa ancora una decina di chilometri buoni.
Inizia a fare discretamente caldo, mi attacco alla borraccia in cerca di un po di liquidi mischiati a sali per dissetarmi, con l’occasione scarto anche una barretta a cui dò solo due morsi continuando a pedalare.
Penso a come sia cambiato il paesaggio rispetto alle mie uscite della settimana prima, quando ero dalla parte opposta di questa isola. Ora il territorio è molto più brullo, molto più arido, nonostante la pioggia caduta anche ieri, la terra ha già assorbito l’acqua mantenendo quell’immagine secca. Qui il caldo è più fastidisio, e di vento in questi giorni neppure l’ombra.
Intanto sono quasi alle porte di Siracusa, me ne accorgo quando incrocio il cartello che segnala l’ingresso alle saline, situate all’interno della Riserva Naturale del Fiume Ciano.
Supero il fiume dalle cui acque si riflettono alcuni raggi del sole, mentre transito sul ponte, butto uno sguardo all’acqua del fiume, constatando che è pieno zeppo di pesci che nuotano serenamente, chi più rasente al fondale chi più in superficie. Decido che sulla via del ritorno proverò ad accedere alla strada che dovrebbe portare alle saline.
Sono sempre più vicino a Siracusa, l’ultimo tratto di strada lo percorro in compagnia di due ragazzi del posto. Michele e Francesco, all’occhio avranno massimo vent’anni, il primo vive a Noto, il secondo invece è di Cassibile. Mi raccontano che da circa quattro anni a Ferragosto si regalano un giro da 180/200 km. Solo il pensiero mi fa venire un leggero mal di gambe. Pedalo affiancato a loro fino all’ingresso di Siracusa, poi ci salutiamo e io ne approfitto così per regalarmi un caffè ed un docino.
Mi fermo ad un bar adiacente l’ingresso della dogana, dal tavolino dove mi siedo, posso facilmente vedere il mare e una nave della Marina Militare attraccata in banchina.
Mi gusto il mio caffè con cannolo al seguito, anche il palato ogni tanto vuole la sua parte.
Terminata la mia breve pausa riprendo a creare piccoli cerchi con le gambe, spingendo un rapporto agile mi dirigo verso l’Isola di Oritiga, collegata con la città di Siracusa da un ponte (Il ponte Umbertino) uno dei ponti considerati tra i più belli d’Italia. Non posso dargli torto quando arrivo con le ruote della bici a ridosso della strada, pronto a percorrerlo, non riesco a non fermarmi per ammirare la bellezza della struttura e come sempre anche del panorama.
Lungo la riva sono attraccate tante piccole imbarcazioni, alcune delle quali utilizzate dai pescatori durante le loro uscite all’alba. E’ davvero uno spettacolo meraviglioso, esattamente come tutta l’Isola di Ortigia. Sembra quasi di essere in un paese diverso, un paese antico dove il tempo si è fermato. Le ruote della bici ora attraversano il lungo tratto in pavè che mi riporta nel lato di territorio di Siracusa. Ogni volta che percorro un tratto di pavè mi viene sempre in mente la Roubaix, anche se sono consapevole che il pavè percorso ora è di gran lunga differente da quello che compone parte del percorso della Roubaix. E’ giunta l’ora per me di rientrare verso casa, ma come mi ero promesso, lungo la strada del rientro decido di allungarmi verso le Saline di Siracusa.
Arrivato in prossimità di Carrozziere, un piccolo paesino alle porte di Siracusa, prendo la via che si apre alla mia sinistra seguendo la strada, che nel primo tratto è composta da un asfalto abbastanza dissestato. Arrivo di fronte ad un accesso pedonale che indica l’inizio del Parco Naturale che ospita le Saline. Percorro la strada davanti a me, da un lato c’è il mare a e la città di Siracusa sullo sfondo, dall’altro invece c’è un piccolo stagno popolato da anatre e papere.
Purtroppo ad un certo punto la strada diventa sterrata e piena di sassi, decido di non addentrarmi, non vorrei mai forare e dover ermarmi per un cambio di camera d’aria.
Mi fermo ad ammirare la bellezza di Siracusa e Ortigia visti dalla lontanaza, con un leggero venticello (finalmente) che mi rinfresca il viso. Lo stesso vento mi tiene compagnia durante il rientro verso casa ad Avola. Respiro a pieni polmoni quella ventata fresca che mi finisce sulla faccia, ad ogni respiro provo in qualche modo ad aumentare la frequenza di pedalata. Arrivo a Cassibile scannellando, con il ciclo computer che alla voce velocità segna 42 km/h. La strada è come spesso accade molto trafficata da auto e motorini, ogni cinquanta metri devono fermarsi per via di vari ingorghi causati da parcheggi poco consoni. Rallento e sfilando alla sinistra delle auto le sorpasso velocemente procedendo lungo la strada che mi riporterà a casa.
Choudo il giro con 43 km, come deciso fin dalla sera prima, senza strafare, mantenendo le energie per domani quando finalmente toccherà scalare l’Etna.
Una volta arrivato a casa, un piccolo amico peloso mi tiene compagnia mentre mi riguardo il giro appena concluso.
Tanta roba Siracusa ma anche tu a scrivere non scherzi
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