Seconda uscita in terra siciliana, anche in questo caso, come per la prima uscita, sveglia all’alba, in maniera da sfuggire al caldo. Una volta montato in sella mi rendo conto di non aver deciso una meta precisa, opto per mettere le ruote della bici sulla statale 113 quella per intenderci collega Palermo con Messina.
La giornata sembra non essere delle migliori, la sera prima un violento temporale ha colpito tutta la costa, e anche una volta in sella il cielo non sembra essere dei migliori.
Le nuvole coprono il sole, i cui raggi timidamente cercano di penetrarle fino a cadere e perdersi nel mare, questa è la prima cosa che noto una volta montato in sella. Tutto questo però non va ad inficiare il panorama che la statale regala.
Mentre mi avvicino a Cefalù la vista si apre sulla città e sulla sua cattedrale, in lontananza si vede il castello arroccato sulla montagna. La strada è abbastanza trafficata, pedalo il più possibile a destra notando fin da subito il grande rispetto e la grande attenzione che gli automobilisti mi riservano, ogni volta che una macchina mi sorpassa, lo fa diminuendo la velocità lasciandomi circa due metri di spazio mentre mi sorpassano, ovviamente c’è sempre qualche sporadico caso in cui ciò non avviene, ma si sà, gli stronzi ci sono sempre purtroppo.
Superata Cefalù il traffico sembra diminuire, il flusso di auto è decisamente minore, posso così concentrarmi maggiormente sulla pedalata e sullo spelendido panorama che la strada mi offre. Strada che è un continuo sali e scendi, un mangia e bevi costante fatto di brevi salite e brevi discese. Arrivato alle porte del piccolo paesino di Sant’Ambrogio posso ammirare la bellezza del mare. E’ un’acqua cristallina che sfuma dall’azzurro al verde acqua, dalla strada, posta a poco meno di 25 metri sul livello del mare, posso vedere in maniera nitida e precisa il fondale, una cosa pazzesca, una bellezza unica nel suo genere. Sento le onde del mare infrangersi sugli scogli che spuntano, andando a rovinare la sosta di alcuni gabbiani appollaiati sopra. Pedalo a testa bassa, senza una meta precisa, penso che i giri migliori siano proprio questi, quelli dove parti senza sapere dove andare, lasciando che siano le gambe e un po’ anche la bici a decidere dove e quando fermarsi per tornare verso casa.
Una volta arrivato a Sant’Ambrogio mi ritrovo davanti due ciclisti tedeschi, mi metto in scia. Menano duro questi, quello che mi precede è un omone gigante, dotato di polpacci che definirei per forma e grandezza, bionici. Ogni pedalata che dà saranno circa 250/300 watt che si scaricano sulla strada. Non mi vergogno di dirvi che faccio davvero fatica a stragli dietro a tenere questo ritmo forsennato. Stringo i denti, mi alzo sui pedali e spingo duro sui pedalini fino ad avvicinare la mia ruota alla sua.
La strada sale di nuovo per un chilometro, poi un tornante e poi un altro ancora. I due tedeschi sono sempre li davanti a me a fare l’andatura, e che andatura ragazzi. Siamo a 38 km/h, fissi da almeno venti minuti e non c’è neppure lontanamente un segno di cedimento da parte loro.
Li saluto una volta arrivato a Reis Gerbi, una piccola contrada che gode di una spiaggia bellissima. Per loro è arrivato il momento della salita, imboccando una piccola strada sulla destra che sale verso l’entroterra, per me invece il viaggio continua sempre percorrendo la statale sempre pedalando con il mare vicino.
Guardando il mare, vien quasi voglia di posare la bici e buttarsi in acqua per un bel bagno, mi riprometto di farlo una volta che sarò arrivato a casa. Si sale di nuovo, sempre per pochi metri, per poi scendere poco dopo, è come essere sulle montagne russe.
Dopo aver superato un piccolo tornantino, la vista va a scorgere sopra alla montagna un monumento a forma di piramide. E’ la “Piramide al 38° parallelo” e insieme ad altre undici opere va a dare vita alla “Fiumara d’Arte” il più grande museo all’aperto di tutta Europa.
Ad ogni colpo di pedale la scultura si avvicina sempre di più, dandomi la chiara percezione di quanto sia maestosa.
Anche la stanchezza inzia a farsi sentire, addento una barretta e bevo un po di integratori della borraccia, la cui freschezza penso sia svanita dopo i primi venti chilometri. Il caldo inzia a farsi sentire. E’ molto umido, talmente tanto da obbligarmi a slacciare buona parte della maglia.
Supero un ponte che oltrepassa il torrente Pollina, che dà il nome anche alla città, incrocio altri due ciclisti che non mancano di salutarmi con un sorriso al quale contraccambio molto volentieri
Il mare è sempre li, alla mia sinistra, ci divide solo una carreggiata e circa 30 metri di dislivello, ma lo vedo e non potete immaginare quanto sia emozionante guardare le onde e sentirne il rumore, avvertire il profumo di salsedine. Continuo a spingere la bici, affrontando sempre il sali e scendi, attraversando altri piccoli paesini fino ad arrivare a Tusa, dove anche in questo caso è posta una seconda opera della Fiumara. Si chiama “La materia potrebbe non esserci” è una scultura in cemento armato alta diciotto metri, commissionata da Antonio Presti in memoria del padre scomparso. La osservo mentre attraverso la strada. Decido che è ora di girare la bici e tornare verso casa.
Riprendo a pedalare lungo la stessa strada di prima ma in direzione opposta, o se preferite con il mare ancora più vicino se possibile. Ora il sole lo illumina del tutto, le nuvole sono sparite, merito di un leggero venticello che ovviamente mi soffia contro. Una volta arrivato a Millani decido di concedermi una pausa. . Scendo dalla bici, appoggio quest’ultima ad un muretto nella piazza principale della città e mi godo la vista addentando una nuova barretta.
Ho sempre un bagno al mare che mi aspetta, mi riemetto sulla bici e riprendo a pedalare quando dopo poco un terzetto di ciclisti mi svernicia letterlamente. Vorrei tanto provare a stare dietro alla loro scia anche in questo caso, ma la gamba, seppur non così stanca sembra non volerne sapere, così mi metto l’animo in pace e continuo a pedalare al mio ritmo osservando sempre il paesaggio, osservando sempre il mare.
Ora la strada è completamente vuota, un vero spettacolo, un capolavoro della natura, esattamente come questa isola, esattamente come un giro in biciletta.
Sono finalmente arrivato di nuovo a Cefalù, c’è ancora il castello davanti a me, mancano circa 20 chilometri a casa, anche questa seconda uscita è quasi giunta al termine e anche questa volta le sensazioni e le emozioni che mi ha regalato sono state semplicemente magnifiche.