“Percorri una strada in macchina e te ne fai un’idea. Poi la percorri in bici e cambi idea” – Eddie Merckx.
Il cannibale aveva ragione, mai frase fu più azzeccata per il mio giro di oggi. Il mio primo giro in bici in terra siciliana.
Partenza rigorosamente all’alba, al fine di sfuggire al caldo africano che questa isola sa regalare, come sempre in perfetta tenuta “BikePorn” merito degli amici di Morvelo e Controvento. Esco dalla periferia di Campofelice di Roccella prendendo la statale che porta a Palermo, con il sole che lentamente spunta dalle montagne davanti a me. Percorro i primi 4 chilometri incrociando pochissime auto, sono le 6.30, la città si sta lentamente svegliando.
Arrivato alle porte del paese svolto a sinistra seguendo le indicazioni per Collesano. La strada comincia subito a salire in maniera netta e decisa, la gamba sembra rispondere bene, nonostante la corsa del giorno prima, il panorama che si presenta alla mia vista dopo pochi metri è meravigliosamente spettacolare. Il mare alla mia sinistra, le montagne delle Madonie di fronte a me. Attraverso il centro storico di Campofelice, il piccolo mercato ittico è già nel pieno delle attività, i primi clienti sono li che scrutano i prodotti esposti, in cerca della miglior pezzatura, passo di fianco ad un gruppo di anziani che mi guardano sorridendo, è un sorriso che nasconde in sè un chiaro messaggio; ma chi te lo fa fare?? Contraccambio con un timido saluto, ripensando agli svariati motivi per cui adoro pedalare, e proseguo lungo la strada.
Percorro la via del centro del paese, rigorosamente in pavè fino ad uscire dal centro storico, ritrovandomi di fronte al primo vero strappo duro di giornata, seicento metri fissi al 18%, non faccio neppure tempo ad accorgermene buttando l’occhio sul ciclocomputer che siamo già al 21%, decisamente poco legale come cosa, stringo i denti, mi alzo sui pedali e supero la parte più dura, la strada poi spiana assestandosi ad una percentuale di salita più pedalabile. Intorno a me distese immense di ulivi e prati dove pascolano capre e pecore che brucano la poca erba verde presente.
Il giorno prima questa starda l’ho percorsa in auto alla ricerca di un bancomat e di un panettiere, l’impressione che mi ha fatto in auto è stata completamente differente rispetto a quella che provo ora. Ieri in auto mi sembrava una normalissima strada di montagna, con un discreto panorama. Oggi invece in sella alla bici è tutta un’altra storia, tutta un’altra sensazione, un’altra emozione. Con lo sguardo in bilico fra la strada che sale e l’orizzonte mi godo il paesaggio. Sono su uno dei tratti di strada dove anni fa si correva la Targa Florio, celebre corsa automobilistica che da anni, per motivi di sicurezza, non si corre più.
Il profumo del mare arriva fino a qui, fino ai 270 metri di altitudine, ma è un profumo mischiato con quello del fieno, mischiato al profumo del bestiame che pascola a pochi centimetri da me. Continuo a salire, incrociando anche due ciclisti che però, a differenza mia scendono verso il mare ad una velocità ben superiore alla mia, mi salutano con uno sguardo come se volessero avvisarmi, come se volessero dirmi che la strada è dura. Hanno ragione da vendere, la strada è durissima, ieri in auto non avevo avvertito le pendenze, oggi invece le sento nelle gambe, alleggerisco il rapporto, e quando la salita si fa più dura butto uno sguardo verso il mare, come a chiedergli aiuto, e credetemi, funziona.
Dopo circa sedici chilometri la strada scende di quasi 120 metri per poi tornare a salire nuovamente decisa. Un cartello sulla strada mi ricorda che a Collesano mancano ancora 18 km. Da una delle poche case che incontro spuntano due grossi cani che si attaccano alla recinzione iniziando ad abbaiare rabbiosamente, tutto d’un tratto mi torna in mente la mezza disavventura accaduta alla Bike Night, e al tempo stesso la paura torna a farsi viva in me. Non ci penso, o almeno ci provo, anzi penso ad una possibile soluzione se per caso dovessi essere nuovamente riconcorso da dei cani, facile, girare la bici e buttarmi in picchiata in discesa.
Dopo aver superato un tornante un vecchietto, seduto su una panchina al ciglio della strada, mi saluta dicendomi che tra poco ci sarà un bel pezzo in piano, devo aver sbagliato strada o in alternativa deve essere ubriaco, penso poco dopo, perché di tratti in piano non ne vedo proprio, ma non ne faccio una tragedia. Il passo lento della salita mi aiuta a pensare meglio, sono pensieri belli, pensieri felici. Supero un secondo tornante e come per magia davanti a me la vista si apre sulla valle, in fondo, arroccato sulla montagna il paesino di Collesano.
La strada intanto continua a salire, questa volta per fortuna in maniera più regolare, senza mai superare il 7% di pendenza, in compenso il caldo inizia a farsi sentire. Le goccie di sudore cadono sul tubo orizzontale della bici, sembra una pioggia che si scatena appena abbasso la testa e vado avanti a mulinare a tutta, affrontando i successivi 4 chilometri a tutta, fottendomene allegramente del fuoti soglia e dei battiti del mio cuore, neppure quando la strada torna su pendenze superiori al 10%.
Le gambe iniziano a bruciare, ma non mollo, voglio ressitere, voglio arrivare a Collesano distrutto, voglio arrivare in piazza sfatto, voglio arrivarci soddisfatto per aver fatto questi ultimi 4000 metri a tutta, superando i miei limiti, vincendo contro me stesso.
Arrivato in piazza, la sensazione che provo è esattamente quella che ho descritto.
Sfatto, distrutto e stanco morto, ma soddisfatto di me stesso, del me stesso che supera i propri dannati limiti.
Addento la banana seduto su una panchina della piazza, circondato da una decina di anziani del posto che, in un dialetto a me incomprensibile, parlano tra di loro in maniera animata. Bevo un sorso di acqua e integratori dalla borraccia e rimonto in sella pronto per la discesa.
Ammetto che è stata dura decidere di tornare verso casa, avrei voluto proseguire nella salita, arrivare a Castelbuono e poi scendere verso Lascari, ma il tempo in questo caso è tiranno.
La discesa è bellissima, tecnica ma veloce, specialmente verso la metà, butto un occhio al ciclocomputer e mi accorgo che alla voce velocità c’è scritto 88 km/h, se vi siete spaventati sappiate che è nulla in confronto a ciò che Strava mi rivelerà una volta arrivato a casa (allego foto relativa, di cui ogni commento penso sia superfluo).
Lo ammetto, mi sono sentito come il falco Savoldelli, mai avevo prima d’ora raggiunto velocità così folli.
Chiudo questo primo giro con 47 km totali e 1016 metri di dislivello complessivo, con la promessa che entro la fine della settimana tornerò da queste parti per ammirare nuovamente il panorama e godere di questa meravigliosa salita.