Avete mai pedalato per una notte intera? Lo avete mai fatto sotto un nubifragio o divorati dalle zanzare durante l’attesa della partenza?
Tutto questo e molto altro è successo alla Bike Night 2018, la seconda della mia carriera la prima insieme ad un compagno di uscite, Cero, al secolo Marco.
Andiamo con ordine.
In settimana, io e Marco, definiamo gli ultimi dettagli e ci diamo appuntamento alle dieci di sera al villaggio di partenza nella piazza antistante il Politecnico di Milano. Nel pomeriggio a Milano è caduta la pioggia, in alcune zone anche in maniera molto decisa,. L’ho osservata cadere ed è stato un attimo ripensare alla passata edizione della Bike Night, corsa sotto una pioggia torrenziale durata quasi tutta la corsa. Ammetto che mi sono sentito sollevato a vedere quel temporale pomeridiano, ho pensato che questa volta sarebbe stata una corsa all’asciutto, mai pensiero si poteva rivelare più sbagliato.
Il percorso della Bike Night è semplice, si parte dal Politecnico fino ad arrivare al Km zero situato in piazza del Duomo, da qui poi si pedala fino ad Arona, seguendo prevalentemente la ciclabile che costeggia il Naviglio. In tutto sono 90 Km prettamente piatti, fatta eccezione per due strappi posti poco prima dell’arrivo ad Arona.
Si parte a mezzanotte dal Politecnico, che per l’occasione è strapieno di zanzare, talmente tante da non riuscire neppure a rimontare la ruota anteriore della mia bici trasportata in auto fino in piazza, per fortuna che un ragazzo vedendomi lottare contro questi dannati insetti, decide di aiutarmi prestandomi dell’Autan.
Arrivati in piazza Duomo a Milano dobbiamo attendere che la Polizia Municipale ci dia il benestare a partire, attesa che mi fa quasi venire sonno, talmente tanto che non conto gli sbadigli, ma per fortuna dopo quasi mezz’ora fermi, il gruppo di ciclisti può ripartire formando un lungo serpentone colorato con le luci poste sulle bici.
Come lo scorso anno anche in questa occasione, la vista del Duomo illuminato in sella alla Mya mi procura delle fortissime emozioni, lentamente riprendiamo a pedalare, attraversiamo le vie di Milano che generalmente vedo di giorno e prevalentemente a piedi e mai con i piedi agganciati ai pedalini, fatto che mi fa ricordare di stare particolarmente attento al pavè e ai binari del tram.
E’ una Milano ancora piena di vita, ci sono ragazzi che camminano per strada, avverto la musica sparata a tutto volume uscire dai locali, sento i profumi del cibo che i baracchini preparano lungo la via. Mentre attraverso la città le tante persone per strada ci guardano con occhi basiti, come a pensare che ciò che io insieme ad altre 650 persone stiamo facendo sia una grande follia. Forse hanno ragione, però guardando nei loro occhi a tratti increduli mi accorgo che non possono capire ciò che a breve proveremo, non immaginano di cosa sia bella l’alba con il lago sullo sfondo dopo 90 km in sella ad una bici, non sanno cosa significhi osservare la stellata che si apre sopra alla tua testa mentre pedali con insistenza attraverso strade buie, non possono comprendere cosa sia realmente il rumore del silenzio, rotto solo dal gracidare di qualche rana lungo il tragitto.
Nel frattempo siamo arrivati in Porta Genova, tra poco prenderemo la ciclabile che costeggia il Naviglio, le luci della città lentamente si fanno più deboli, così come la presenza delle persone lungo la strada. Sono le 2 passate e dall’acqua che scorre nel Naviglio mi accorgo che sta cominciando a piovere. Il gruppo intanto si sgrana, le ruote più veloci prendono la testa della corsa, le ritroviamo al primo ristoro in quel di Abbiategrasso quando anche la pioggia finalmente cessa di cadere ma lascia una temperatura a tratti quasi fredda che ci obbliga a tenere addosso la mantellina.
Dopo aver riempito lo stomaco, ripartiamo verso Turbigo, il paesaggio cambia radicalmente, di luci non ce ne sono più molte, la ciclabile in questo tratto di strada corre parallela con il Naviglio ed è contornata da un piccolo boschetto che fa arrivare un’aria fresca e frizzante. Non mancano neppure i tratti di strada allagata, come quello tra Pontevecchio e Pontenuovo dove ci vediamo costretti a transitare con l’acqua che raggiunge i piedi agganciati ai pedalini. Continuiamo a pedalare al nostro passo, ogni tanto giro la testa dietro per vedere Marco se tiene la mia ruota cercando di per non lasciarlo da solo nel buio della strada. Arrivati a Turbigo ci fermiamo per il secondo ristoro, questa volta ci spetta un piatto di pasta al pomodoro che io ho letteralmente divorato, dopo una sosta per svuotare la vescica possiamo ripartire. Proseguiamo lungo una strada quando ci vediamo arrivare di fronte un gruppo di circa 5 ciclisti che ci avvisa che la strada è sbagliata, io e Marco ci guardiamo e dopo un veloce consulto decidiamo che proseguiremo su quella strada.
Dopo appena due minuti mi rendo conto che non potevamo prendere una decisione peggiore. La strada è sterrata, e per sterrata intendo dire che è a tratti impraticabile. La luce della bici forma un cono luminoso davanti a me che mi aiuta a non prendere in pieno i giganteschi sassi presenti sulla via. Marco prosegue davanti a me a colpi di pedalate e smadonnamenti vari, sento i suoi lamenti ovviamente rivolti a me e alle mie brillantissime idee. Insieme a noi, staccato di qualche metro un altro ragazzo, che ha avuto la geniale idea di darci fiducia, di credere che noi sapessi alla perfezione la strada. La mia schiena inizia a sentire dolori di vera sofferenza, ma la strada sembra non finire mai. Quando rimettiamo le ruote sull’asfalto mi sento come se mi fossi liberato di un peso enorme. Mancano pochi chilometri a Vizzola Ticino, da lontano vedo alcune luci rosse poste sulle bici delle persone che ci precedono, le stesse che qualche attimo prima ci avevano avvertito che la strada non era quella giusta. Il silenzio in questo tratto di strada è rotto dal rumore dei motori degli aerei che si avvicinano a Malpensa.
A Sesto Calende succede l’impensabile, mentre pedalo poco dietro Marco sento dei cani che abbaiando si avvicinano alla recinzione della casa che costeggia la ciclabile, non faccio tempo neppure a realizzare la cosa che mi accorgo che la casa no ha un cancello che delimita il giardino e in un attimo mi ritrovo questi due simpatici quadrupedi rincorrermi abbaiando ferocemente. Non vi nascondo di essermi spaventato come pochi, ma per fortuna sono riuscito a staccarli dopo quasi un chilometro pedalato a 110 ripetute. Quando il peggio è passato e mi affianco a Marco mi accorgo che sta ridendo come un disgraziato, distendo i nervi e rido di gusto anche io con lui.
Durante la strada che ci porta a Sesto Calende le stelle in cielo sembrano essersi moltiplicate, pochissime luci intorno a noi e i soli rumori avvertiti sono quelli dell’acqua del Naviglio che scorre veloce lungo il suo corso fino a passare lungo la diga del Panperduto, di fronte a noi il locale del terzo e ultimo ristoro, a mio avviso il più triste per qualità del cibo offerto, ma poco importa, in fondo siamo qui per pedalare mica per mangiare. Ripartiamo che all’arrivo mancano poco meno di venti chilometri, lasciamo la ciclabile e proseguiamo lungo la statale, completamente deserta, fatta eccezione per un gruppo che pedala poco avanti a noi. Attraversiamo il ponte di ferro che segna anche la fine della Lombardia e l’ingresso in Piemonte. Manca davvero poco ad Arona, spingo più forte sui pedali, tengo la velocità fissa sui 32 km/h, mi accorgo però che il mio compagno di viaggio inizia ad accusare la stanchezza, rallento quanto basta per farmi riprendere e tenerlo dietro la mia scia.
Arrivati ad Arona l’alba inizia a mostrarsi in tutta la sua bellezza, andando a illuminare il lago Maggiore con colori che quasi tolgono il respiro. La città sta ancora dormendo, per strada lungo le vie ci siamo solo noi ciclisti e qualche ragazzino che non ne vuole sapere di andare a letto. Transitiamo oltre la riga di arrivo passando sotto il pallone gonfiabile che segnala la fine della corsa. Riceviamo il nostro meritato omaggio (una bellissima tazzina con il logo della Bike Night) e poi ci dirigiamo al bar per la colazione. Una volta terminata siamo pronti per andare verso la stazione e tornare verso casa stanchi, infreddoliti ma soddisfatti e felici.
E’ stata una corsa bellissima, anche quest’anno per un tratto bagnata ma comunque divertente e affascinante. Come lo scorso anno ho scoperto quanto sia bello pedalare durante la notte, perché se il paesaggio in sella ad una bici è diverso rispetto a quando lo si percorre in auto di notte tutto cambia in maniera radicale. I colori, i profumi, i rumori, il silenzio, la strada illuminata dal faro della bicicletta ha un aspetto totalmente differente, ha un’aria a tratti romantica. Con questa premessa attenderò la prossima edizione.