Sono sempre stato fottutamente catturato dai panorami lacustri. Sarà che il lago mi ricorda tanti bellissimi momenti passati con la mia famiglia, come quando da ragazzino al venerdì si caricavano le borse in auto e si andava in quel del Lago d’Orta per passare il weekend in campeggio, era come una gita, era un po come una festa.
Tanti sono i ricordi legati al lago, sempre su quello d’Orta ho imparato a nuotare senza braccioli, al lago ho scoperto il piacere di andare in bici. A distanza di anni è cambiato il lago, ma non il mio amore per lui. A distanza di anni, mi sono spostato dalla provincia di Novara a quelle di Bergamo e Brescia. E’ cambiato il lago, sono cambiati i panorami e le strade ma non la bellezza che suscita in me.
Il giro del lago d’Iseo è da sempre un must, un qualcosa che mi mette in pace con me stesso, che mi riempie di gioia. E’ Domenica, il giorno prima ho passato circa tre ore e mezza in sella per un totale di 107 km, oggi sento il bisogno di fare qualcosa di classico, di “rilassante” e per me ormai non c’è nulla di più classico del giro del lago.
Partenza da casa ore 8, scendo velocissimo lungo la strada che da Zorzino mi porta a Riva di Solto, sono strade che ormai conosco come me stesso, così come conosco fin troppo bene la discesa che sto percorrendo con la Mya, una discesina che, presa con la giusta ignoranza in corpo ti porta facile a prendere i 55/60 Km/h, e anche questa mattina, l’ignoranza in corpo, è come sempre tanta.
Una volta arrivato alla fine della discesa svolto a sinistra e inizio la mia pedalata costeggiando il lago rigorosamente (non chiedetemi perchè) in senso orario. A dire il vero ci sono stati casi in cui ho costeggiato le coste del lago in senso opposto, ma non mi ha mai appagato a dovere. La prima parte della strada, è lungo la vecchia litoranea, una strada semplicemente meravigliosa che taglia la montagna e l’acqua, passando atrraverso gallerie scavate nella roccia, aprendosi a scenari bellissimi, specie se percorsi di prima mattina con il sole a colorare il paesaggio. Capita che si incontrino vere e proprie flotte di ciclisti che spingono le loro super bici (da queste parti sono tutti ciclopatrizi) al massimo dello sforzo, un po’ come quando arrivo a Castro e un gruppetto di dodici ragazzi mi sorpassa sverniciandomi, prezzo medio delle bici 5000 euro, ma tanto, contano le gambe, quindi, mi metto in coda e cerco di tenere la loro andatura, dopo un chilometro circa mi rendo conto di essere quasi in affanno, così butto l’occhio sul ciclocomputer che sentenzia 48 km/h, oh ma siamo matti! Lascio cadere la frequenza di pedalata, pensando che oggi voglio godermi il viaggio, voglio godermi il paesaggio, i profumi, i rumori e poco importa se questo è un giro che ho fatto tante volte, per me ogni volta sembra la prima.
Attraversato il centro di Lovere, uno dei borghi più belli d’Italia, arrivo a Costa Volpino, per un attimo penso che potrei prendere la strada che sale decisa verso Ceratello ma le mie gambe non sembrano essere molto d’accordo, me ne accorgo quando mandano alla testa un impulso chiaro e semplice che recita più o meno così: “Ma sei scemo? Avevamo detto giro rilassante”. Abbandono subito l’idea, mi alzo e rilancio la bici, supero il ponte sull’Oglio e mi dirigo verso Pisogne, comune che segna l’inzio della provincia di Brescia. In questo tratto di strada, il cui fondo è una buca unica, il lago non si vede, bisogna pedalare per altri 5 chilometri per incontrarlo nuovamente e per accorgersi quanto cambi il panorama. Da Toline, tenendo la destra, in prossimità dell’inizio della galleria Ronco Graziolo, inzia un tratto ciclabile che definire bello a mio avviso riduttivo e forse anche un pò banale. Assomiglia parecchio al tratto attraversato dopo la discesa da casa, completamente a strapiombo sul lago costeggia il Monte Trentapassi. Io ancora oggi non riesco a non emozionarmi quando la percorro, specie quando mi tocca inchiodare per non finire in mezzo al guinzaglio di qualche cane, ma questa è una storia a parte, così come i colleghi amatori che la scambiano per una strada da crono squadre. Insomma se vi dovesse mai capitare di percorrerla, state in campana.
La ciclabile misura circa 10 km, e attraversa alcune gallerie create chissà quanti anni fa, mentre pedalo, spostando lo sguardo verso destra posso quasi vedere Zorzino. Terminato il tratto ciclabile a Vello si incontra prima il comune di Marone poi quello di Sulzano, l’avvicinamento a quest’ultimo e segnato dalla vista dell’Isola di Monte Isola.
Inizia a fare caldo, arrivato ad Iseo decido di seguire il gruppo di cilcisti che ho incontrato poco prima a Sulzano così non taglio dal centro ma proseguo sulla strada provinciale. Sono talmente preso dal fare andatura che non mi accorgo di aver imboccato la strada sbagliata, me ne accorgo perchè è leggermente in salita e perchè il cartello davanti a me recita Provaglio. Devo quindi sfilarmi e salutare il gruppo, per ritornare verso Iseo. Una volta superato il centro mi fermo per fare il pieno di acqua e buttare nello stomaco una barretta. Riparto proseguendo verso Paratico, attraversando con una discreta velocità gli altri comuni che costeggiano il lago. Durante la strada mi accorgo di non essermi mai spinto lungo una delle tante stradine, che si aprono da entrambe le direzioni, tutte rigorosamente in salita, mi memorizzo che potrebbe essere un prossimo giro di esplorazione.
Sono arrivato a Paratico, supero il ponte ed entro a Sarnico. Sono tornato nuovamente in provincia di Bergamo. Sarnico è una città viva e giovane, costeggio la strada che affianca il lungo lago e rilancio la Mya verso casa, il lato bergamasco del lago è meno a strapiombo, questo ha permesso la creazione di tanti piccoli lidi che alla domenica vengono presi d’assalto da turisti di ogni nazionalità ed età.
La strada si fa più veloce, più ampia e meno trafficata, sono le 11 il sole picchia per bene, e io come al solito non mi sono messo nessuna crema solare, mi butto dell’acqua sul collo e sopra il casco per rinfrescarmi. Fa un gran caldo, fortuna che sono quasi alla fine, la conferma me lo dà il cartello di Parzanica, insieme al solito ed inevitabile colpo secco al cuore, che si porta via qualche pedalata e fa abbassare la velocità come a trasformare il passaggio in quel punto una specie di parata d’onore.
La strada da qui inizia leggermente a salire fino allo strappetto che arriva a Zù un piccolo paesino sulla costa situato poco prima di Riva di Solto; fin dalla prima volta che ho fatto questo giro lo strappo che porta a Zu è sempre stato una specie di test per capire come stavano le gambe in vista di quella che è stata per il me, ciclista neofita, il più grande spauracchio- La salita che da Riva mi porta verso casa. Millecinquecento metri di salita, nervosa e discontinua. Parte cattivissima, poi si calma per cinquanta metri, poi riprende a massacrarti, a farti salire i battiti fino ad andare fuori soglia.
Quante volte a fare quei 300 metri di strappo durissimo a piedi spigendo la bici, e ora che sono di nuovo qui, ora che ho imparato a dominarti, che ho imparato anche a soffrire decido che forse è il giorno buono per provare a fare un personale, per provare a fare ciò che la bici ti spinge a fare, superare i tuoi limiti.
Attacco con ancora il 53, per i primi cinquanta metri spingo la mia Supernova senza problemi, poi la strada comincia a salire al 10/11%, metto la catena sul 39 e mi alzo sui pedali, provo ad attaccarla, rilanciando la bici. Il panorama aiuta per un attimo ad alleviare la fatica, mi rimetto seduto, alleggerisco il rapporto di un dente, mi bagno di nuovo la testa. Mi accorgo che sto salendo bene, che devo proseguire così senza esagerare ma al tempo stesso senza mollare,- Sò dentro di me che ora è il momento di soffrire, poi arriverà il momento di rialzarmi e aumentare l’andatura. Salgo fino al penultimo tornante poi taglio per il centro di Zorzino, la strada per circa 100 metri dà respiro, ma per il mio obiettivo quello è il punto in cui devo per forza spingere ancora più duro sui pedali, arrivo fino al tratto in pavè, mancano circa 400 metri a casa, all’arrivo, mi rialzo sui pedali, mentre lo faccio senza neppure accorgermente lancio un piccolo grido di fatica, un bambino sul piazzale della chiesa mi guarda e sorride, ci siamo mancano trecento metri.
Fatta! 58″ in meno. Son soddisfazioni che pensate, un po’ come la birra gelata e le domande super dettagliate di mio figlio una volta a casa.