Tripletta

La decisione era stata presa durante la cena del Mercoledì, “weekend al lago?”.

L’avvicinamento al ritorno in quel di Zorzino comincia nel pomeriggio di Venerdì, quando poco prima di lasciare l’ufficio, mando un messaggio a Marek su Instagram informandolo della mia presenza sul lago nel weekend.

Marek (alias Marco) è un ragazzo di 25 anni conosciuto su Instagram, lui è un ciclista, uno di quelli veri, uno di quelli che si spara dai 600 ai 700 chilometri alla settimana, si lo sò che state pensando che voi probabilmente, tutta quella strada non la fate neppure con la macchina. Marco abita a circa 50 chilometri da Zorino, dove ho casa io. Alle nove di sera mi conferma la sua presenza per la Domenica, e mi propone un giro tra Presolana e Croce di Salven per poi rientrare dalla Valle Camonica. Il giro è bello tosto, e non c’è biosogno che sia Strava a dirmelo, decido quindi di limitarmi al Sabato con un tranquillo giro intorno al lago, quel lago che tanto mi era mancanto nella scorsa primavera.

Il giro del sabato passa via liscio, 70 chilometri tranquilli con tanto di nuovo record personale sulla salita verso casa, un giro caratterizzato da un sole che io ad Aprile non avevo mai visto, sole che tra le altre cose mi ha procurato una magnifica scottatura, in chiara modalità ciclista, ovvero con segno della maglia annesso.

Arriva Domenica, la sveglia suona alle 7.10, ho appuntamento con Marco alla rotonda di Piangaiano, alle 8.30 significa che per la prima volta in cinque anni, partirò con un bel 2 km di salita al 7% di media, alla faccia del buongiorno. Il mio accompagnatore di giornata arriva in perfetto orario in sella alla sua “Zucchina” (finalmente ne ho trovato uno che come me dà i nomi alle bici) una Cannondale Caad verde fiammante impossibile da non notare per strada. Presentazioni al volo e si parte direzione Sovere per l’avvicinamento alla prima salita del giorno, ovvero il Passo della Presolana.

Durante la strada che ci porta verso Clusone chiacchieriamo, mi racconta che va in bici da quando aveva quattordici anni, ma fino due anni fa, era un semplice ciclista della Domenica, dove insieme a suo padre si sparava dei lunghi da 1407160 km. Avrei voluto chiedergli altre mille cose, ma ahimè il punto di ascesa al Passo della Presolana è arrivato e il fiato mi serve per non andare in apnea.

A dirla tutta, la Presolana la conosco già, non solo per aver frequentato Bratto e il Monte Pora fin da ragazzo, ma anche per averla scalata con la Mya nel 2016. Di quella prima volta in cui la scalai, ricordo che era estate e il sole era nascosto dalle nuvole, ma il caldo e l’afa si facevano sentire. Oggi invece splende un  sole che rende i contorni della salita meravigliosi, e la fatica sembra essere meno pesante. Dopo Bratto si sale ancora, fino ad incontrare il primo vero tornante della salita, che poi è come una specie di segnale per i ciclisti che la salita è quasi finita. Arrivati al cartello che indica il passo ci fermiamo per fare il pieno di acqua e mettere la mantellina, la discesa è posta in parte all’ombra e lungo la discesa si toccano anche i 70 km/h.  Durante la discesa facciamo però due soste in due punti in cui si vede perfettamente tutta la valle, un panorama fantastico.

Al termine della discesa, imbocchiamo la prima strada sulla destra per la nostra seconda salita di giornata il Passo di Croce di Salven la cui cima è a metri 1108. Per me questa salita è una novità, mai fatta e per certi versi ne sò anche poco, ma ci pensa la strada a darmi il benvenuto. I primi 2 chilometri sono una mazzata, 17% fisso, mi tocca salire a zig-zag, vuoi per la pendenza vuoi per il fondo della strada che è una vera schifezza, (care amministrazioni comunali, perchè non asfaltate le strade quando iniziano a rovinarsi?)

Dopo i primi due chilometri da vero inferno la strada dà una tregua e il bosco lascia spazio ad un piccolo abitato, Marco ne approfittà per chiedere se la strada per il passo fosse giusta, il signore annuisce ma aggiunge che con le bici da corsa è impossibile passare, la strada non è asfaltata! Marco si rende conto di essere salito da un versante sbagliato. Così giriamo le bici e ci buttiamo in discesa stando attenti alle voragini sulla strada. Ci siamo sciroppati 3 km e 500 metri D+ per la gloria. Ritornati a valle troviamo l’attacco alla salta giusto. Anche in questo caso la strada comincia a salire per bene, il fondo è meno rovinato, ma pur sempre con buche rappezzate alla bene e meglio. Io ho trovato il ritmo in salita e ora pedalo con meno fatica riuscendo anche a scambiare due parole.

Mi racconta che ha fatto atletica a buoni livelli per anni, poi durante una maratona ha sentito una fitta dolorosissima al bacino, talmente forte che è caduto a terra. Trasportato in ospedale gli viene diagnosticata una frattura al bacino. Sarà un caso ma dopo questa storia la salita si è fatta quasi meno dura.

La strada però continua a salire, i primi tre tornanti sono molto larghi e ci permettono di lasciare l’abitato di fondo valle, arrivati in località Fornace la strada funge da divisorio della valle e si arrampica dritta al 7%, poi dopo gli ultimi tre tornarti c’è l’ultimo rettilineo che sembra non voler finire mai. Giunti a questo punto la salita si calma e diventa più pedalabile per i seguenti 4Km e si può quindi raggiungere tranquillamente Borno, bellissimo paese, nonchè famoso e rinomato centro di villeggiatura.
Il paese si attraversa su una strada quasi pianeggiante, un falso piano. Superato il centro, troviamo il pezzo più duro di tutta la salita oltre il 10%, Marco mi ricorda che è l’ultima fatica, perchè immediatamente dopo un tratto pianeggiante avremo gli ultimi chilometri sempre con pendenze attorno al 5%, tutte attraverso un paesaggio tipicamente alpino, fatto di boschi e pascoli: l’arrivo al Passo ormai è fatto. E’ segnalato da una croce di marmo e soprattutto dalla presenza di una fontana ottima per dissetarsi. Siamo così di nuovo pronti per la discesa, che ci porterà a Cividate Camuno. Discesa che devo ammettere è abbastanza tecnica ma estremamente divertente, come spesso accade è stata parzialmente rovinata dall’automobilista che ti sorpassa in rettilineo per tenerti dietro sulle curve, ma tanto ci sono abituato ormai.

Mentre percorriamo la strada che da Cividate ci riporterà sul lago, e nel mio caso a Zorzino, abbiamo anche la sfortuna di avere un discreto vento contro, così per non farci mancare nulla. Cerco di stare a ruota di Marco, ma 55 km/h sono un po’ troppi da reggere per le mie gambe, talmente tanto da chiedergli di abbassare il ritmo, dopo avergli preso la scia per i 54 km di strada del rientro siamo a Riva di Solto, è tempo di salutarci, è stato un bellissimo giro, bello duro ma divertentissimo, il tempo ci è stato valido alleato. Le mie gambe hanno fatto il loro dovere e domani serviranno il conto. Saluto Marco con la promessa di rivederci in sella per una nuova avventura.

Mi rimetto in sella e affronto la vera ultima fatica del mio giro, la salita fino a casa, ma ormai è poca cosa in confronto a ciò che le mie gambe hanno dovuto affrontare. Mentre affronto gli ultimi tornanti penso che non avevo mai fatto un giro con tre salite da scalare, non avevo mai fatto tripletta.

 

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