Una follia chiamata Crux Dominii

Tutti quanti gli amatori nella loro carriera hanno fatto almeno una follia. Oggi a proposito di follie, vorrei raccontarvi quando sono arrivato in cima al Crocedomini.

22 Settembre dell’anno 2017, poco meno di quattro mesi dopo il mio intervento alla schiena, in cui mi hanno asportato un’ernia discale, decido per il giorno seguente di arrivare in cima al Crocedomini, un passo alpino delle Alpi Centrali situato in provincia di Brescia a sud del parco dell’Adamello della lunghezza di 22,5 km (sì ci conto anche quei 500 metri finali) partenza da Zorzino, un piccolo borgo collinare sul lago d’Iseo, di cui avrò modo di parlarvene presto.

Come da tradizione, la sera prima della partenza, è dedicata alla visione del percorso. In questo caso la strada è fin troppo facile, una volta sceso al lago si passono i comuni di Castro, Lovere, Costa Volpino, Darfo poi da Cividate si comincia a salire, fino a raggiungere i 1895 metri, dove è situato il rifugio. Secondo i calcoli di Strava il giretto conta 115 km per un dislivello di circa 2900 metri.

La sera prima faccio il pieno di carboidrati, talmente tanto che alle nove crollo sul divano, secondo i ben informati, svegli e vigili, russando come un porco.

23 Settembre, alle 7.30 parto da casa, il bello dei giri con partenza da Zorzino sono che appena uscito di casa c’è subito una discesa di 2 km che ti dà la giusta carica di adrenalina, poi arrivati sul lago, imboccando la strada che porta verso Lovere, si comincia con i leggeri falsi piani.

Piccola parentesi medica, la mia operazione alla schiena si era resa necessaria in quanto, il tessuto midollare uscito dalle vertebre L4 L5, andava a comprimere il nervo sciatico della gamba destra, dandomi quel dolore da imprecazione obbligatoria ogni volta che da seduto mi alzavo e iniziavo a camminare, proprio come un vecchio ottantenne. Questo problema mi ha tenuto lontano dalla bici per circa sei mesi, e dopo quasi quattro mesi dall’intervento non penso fosse auspicabile mettersi in testa di raggiungere la cima di un passo con un giro come quello che lentamente cominciavo a percorrere, ma del resto una follia è una follia…

Arrivato a Cividate mi faccio quei 2 km di strada sbagliata, giusto perchè tanto la strada era fin troppo facile, tornato sulla traccia giusta trovo il punto dove inizia la salita. Ammetto che nei primi 3 km ho pensato, più di una volta, che questo passo fosse troppo blando, in fondo mai avevo tenuto una media di 21 km/h in salita. Devo averlo pensato tante volte, ma soprattutto, devo averlo pensato un po’ troppo presto, perchè dopo aver passato da poco il quinto chilometro la strada si fa più ripida, me lo fa notare anche il ciclocomputer che segnala nel campo pendenza, 10%. E’ una giornata quasi autunnale e buona parte della salita è dentro al bosco, il che rende la paesaggistica decisamente poco interessante e questo non mi aiuta. Spesso quando vado in crisi in salita, avere un bel paesaggio intorno mi aiuta a non pensare alla fatica, a non pensare alla strada che manca, mi aiuta a non mollare, e con la pedenza che è sempre costantemente sopra l’8% avrei proprio bisogno di un bel panorama per non pensare che mancano ancora 15 km alla vetta.

Penso che quello sia stato il momento in cui ho realizzato che stavo facendo una follia, l’ennesima in sella alla mia bici, ma ormai avevo iniziato a ballare e la parola rinuncia non è contemplata nel mio personalissimo dizionario ciclistico.                                             Si continua a salire, il bosco nel frattempo lascia spazio a un piccolo abitato urbano, per poi riprendere con la sua fitta trama di arbusti, fino al Km 19 della salita dove, finalmente, la valle sottostante si lascia vedere, ma l’Adamello copre la vista del lago;  “Forza Pippy non mollare che manca poco, forza!”                                                                         Me lo ripeto mentalmente in continuazione, ad ogni colpo di pedale, mi prometto che, una volta arrivato in cima, mi premierò con un panino e una Coca-Cola, anche perchè la pancia inzia a brontolare consapevole che non vuole più gellini o barrette. Ultimi chilometri con una vista mozzafiato sulle montagne e sulla vallata da dove si vede in maniera distinta l’attacco del Dosso dei Galli, un’altra bella salita che porta verso il Lago di Idro.

Sono arrivato in cima. Ho raggiunto la meta, ho raggiunto il mio obiettivo, ma soprattutto, ho completato la mia follia, manca la strada per tornare a casa che questa volta avrà 22,5 mk di discesa a cannone. Mentre, fiero di me, mi accingo a sedermi sui tavolini del rifugio per gustarmi il mio premio che mi ero promesso qualche chilometro prima, non smetto di guardare la valle che si apre davanti ai miei occhi.

Penso che tutta la fatica fatta in quei 22,5 km di salita sia ripagata oltre che dalla vista e dal mio panino allo speck con CocaCola, anche dal fatto di essere arrivato fino a qui con le mie gambe, in cima a 1895 metri di altezza dal mare con solo il loro aiuto.

Finisco panino e Coca e mi metto mantellina e gambali, riallaccio il casco in testa e sono pronto per la discesa. Per chi non è mai salito e sceso dal Crocedomini, ricordo di stare con l’cchio attento durante la discesa, alcuni tratti di asfalto sono decisamente rovinati e il rischio di cadere prendendone una è particolarment elevato.

Mentre scendo con il rapporto più duro della catena (53-11) mi casca in più di un occasione l’occhio sulla velocità, il computer dice 67Km/h, roba da pazzi da legare; ma se solo poteste capire l’adrenalina che mi dà una discesa come questa, non vi spaventereste così. Arrivato a Darfo, mancano ancora circa 40 Km, e per me può inziare il momento di pensare al mio piccolo “mostro”, la salita finale verso casa, quella per capirci, che ad inizio giro è la discesa che mi porta al lago. Non è lunga, ma ha dei tratti al 18% che ti spaccano le gambe, le senti bruciare talmente tanto che non hai neppure la forza di alzarti sui pedali per imprimere più potenza. Questa volta mi toccherà farla con 113 km e il Crocedomini appena scalato nelle gambe. Alla fine va meglio del solito, talmente tanto da scalare il “mostro” facendo il personale (4’12”).

Sono a casa, stanco come pochi, ma altrettanto felice per il giro e soprattutto per aver portato a casa un’altra salita da mettere nel mio personalissimo muro in officina.

Vi lascio con qualche scatto, e con il link del video del tracciato. https://youtu.be/qmuoNv7shfY

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